La presa in giro del Giro d'Italia nei confronti dei palestinesi e della realtà dei fatti (in questo caso evidentemente le fake news magicamente non sono più di moda) non poteva certo passare inosservata ai palestinesi stessi che hanno ritenuto opportuno diffondere una nota - tramite l'Ambasciata a Roma - per esprimere il loro "rammarico" per quanto accaduto in relazione al termine corretto con cui indicare la località della prima tappa del Giro d'Italia 2018: Gerusalemme.
"Ci preme sottolineare, al di là del ricatto economico, la motivazione della richiesta fornita dai ministri israeliani sia squisitamente politica e vada contro il diritto internazionale. Secondo il loro comunicato, infatti, «Gerusalemme è la capitale di Israele: non vi sono Est e Ovest».
Ciò costituisce una distorsione della realtà e contraddice le Risoluzioni 242, 338 e seguenti delle Nazioni Unite, per cui Gerusalemme Est è stata occupata da Israele nel 1967 insieme alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza. Parliamo della città che è la legittima capitale dello Stato di Palestina: non riconoscere Gerusalemme Est come capitale dello Stato di Palestina significa non riconoscere la soluzione dei due Stati.
Cedendo alle pressioni politiche di Israele, gli organizzatori del Giro d’Italia assecondano una pretesa di annessione condannata da diverse risoluzioni delle Nazioni Unite, assumendosi una responsabilità politica che non solo non gli compete, ma che differisce dalla posizione politica espressa ufficialmente dalla comunità internazionale, compreso lo Stato italiano.»
Insomma, il comunicato non fa che ricordare l'incongruenza e l'ipocrisia di RCS Sport che per puro interesse economico ha ceduto al ricatto della destra israeliana e delle sue pretese egemoniche sulla Cisgiordania.
Inutile attendersi da RCS, RCS Sport, Urbano Cairo e quant'altri collegati all'organizzazione del Giro una giustificazione alle loro insulse decisioni, fornita invece dopo l'assurda protesta dei ministri israeliani della Cultura e dello Sport, Miri Regev, e del Turismo, Yariv Levin. D'altronde, chi paga ha sempre ragione... ed in questo caso a pagare sono gli israeliani.