Dopo essere stato approvato dall'EMA, il vaccino Johnson&Johnson ha ricevuto anche  il via libera dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

Si tratta del quarto vaccino anti-Covid approvato in Italia dopo quelli di Pfizer-BionTech, Moderna e AstraZeneca, tramite la procedura per l'autorizzazione d'emergenza.

Questa la nota diffusa dal  presidente dell'Aifa Giorgio Palù: 

"La Commissione tecnico-scientifica (Cts) dell’Agenzia  si è riunita oggi, 12 marzo 2021, e ha confermato la valutazione dell’Ema sull’efficacia del vaccino che nelle forme gravi arriva fino al 77 %, dopo 14 giorni dalla somministrazione e all’85%, dopo 28 giorni dalla somministrazione. I dati attualmente disponibili hanno mostrato che nei soggetti over 65 non si è notata alcuna flessione nella efficacia. Il vaccino Janssen, il quarto approvato, si aggiunge come un’altra utile opzione con un beneficio rilevante nel contrasto alla pandemia.In un momento critico per il Paese, abbiamo assoluto bisogno di dosi sufficienti per affrontare la pandemia con efficacia e in tempi rapidi. Il vaccino Johnson & Johnson ha tutte le caratteristiche di efficacia, sicurezza e maneggiabilità da costituire un’arma in più per uscire quanto prima dall’emergenza sanitaria”.

La dottoressa  Loredana Bergamini, direttore medico di Janssen Italia, aveva già annunciato le caratteristiche del vaccino (prodotto dalla multinazionale Johnson & Johnson, per la precisione dalla controllata farmaceutica Janssen) in una intervista rilasciata ad In Sanitas lo scorso 6 marzo (www.insanitas.it/efficacia-e-caratteristiche-del-vaccino-johnson-johnson-lintervista-al-direttore-medico-di-janssen-italia):

«La caratteristica principale del candidato vaccino di Janssen è che è l’unico a dose singola ad aver concluso la Fase 3 di sperimentazione. Inoltre, il nostro candidato vaccino sfrutta la piattaforma proprietaria AdVac, una tecnologia basata sull’uso di un vettore virale inattivato, un adenovirus. La piattaforma vaccinale AdVac è stata utilizzata anche per sviluppare e produrre il nostro regime vaccinale contro l’Ebola, già approvato dalla Commissione europea, e per sviluppare altri candidati vaccini sperimentali contro Zika, RSV e HIV. Infine, altra caratteristica importante è la modalità di conservazione. Il candidato vaccino Janssen non ha bisogno di temperature di conservazione troppo basse. La tecnologia che abbiamo utilizzato permette ai vaccini di rimanere stabile per due anni a -20° e per almeno tre mesi tra i 2 e gli 8°, questo lo rende compatibile alla distribuzione attraverso i canali già esistenti senza la necessità di creare nuove infrastrutture».

A che punto è la sperimentazione del vaccino?«Alla fine di gennaio abbiamo annunciato i risultati di efficacia relativi allo studio clinico di Fase 3 ENSEMBLE, uno dei più ampi studi sul vaccino sia in termini di partecipanti, che sono stati circa 45.000, sia in termini di aree geografiche coinvolte (USA, America Latina e Sud Africa). Oltre allo studio ENSEMBLE a dose singola, Janssen ha avviato lo studio ENSEMBLE 2 a due dosi, uno studio di Fase 3 complementare, su larga scala, condotto in più Paesi, che studierà la sicurezza e l’efficacia di un regime a due dosi in un massimo di 30.000 partecipanti in tutto il mondo. La scelta di condurre due studi in parallelo ci aiuterà a determinare il miglior percorso da seguire sia in uno scenario di emergenza pandemica, quando la singola dose può portare un significativo beneficio logistico, sia nel lungo termine con una doppia somministrazione. La conduzione degli studi ENSEMBLE ed ENSEMBLE 2 in parallelo fornirà informazioni preziose sui potenziali programmi di somministrazione e aiuterà a determinare un percorso da seguire per contribuire potenzialmente a porre fine alla pandemia da COVID-19».Parliamo di efficacia, quali sono i dati su mortalità e ospedalizzazione?«I dati dello studio ENSEMBLE dimostrano che una singola dose è efficace all’85% nel prevenire le forme gravi della malattia in tutte le fasce di popolazione studiate. Il candidato vaccino di Janssen ha dimostrato, inoltre, una protezione completa rispetto a morte e ospedalizzazione correlata al COVID-19 a 28 giorni dopo la somministrazione. Sono risultati che assumono una rilevanza ancora maggiore se li caliamo nella realtà che stiamo vivendo in cui la priorità è ridurre la pressione sulle terapie intensive e le strutture sanitarie».Quali sono le percentuali della risposta anticorpale con una dose di vaccino?«Lo scorso gennaio sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i dati dello studio di fase 1/2a che hanno mostrato che, dopo una singola vaccinazione, gli anticorpi neutralizzanti contro COVID-19 sono stati rilevati in oltre il 90% dei partecipanti allo studio al 29° giorno e nel 100% dei partecipanti di età compresa tra i 18 e i 55 anni al 57° giorno. Per quanto riguarda lo studio clinico di Fase 3 ENSEMBLE, disegnato per valutare l’efficacia e la sicurezza del candidato vaccino nel fornire protezione nelle forme da moderate a gravi già a 14 e 28 giorni dalla vaccinazione, è stata osservata l’insorgenza della protezione al quattordicesimo giorno».I test di sicurezza sono stati effettuati anche sulle varianti, quali sono i risultati?«I risultati dello studio ENSEMBLE includono l’efficacia contro i nuovi ceppi emergenti di coronavirus, comprese alcune varianti altamente infettive presenti in America Latina e Sudafrica. Lo studio, infatti, è stato condotto nel pieno della pandemia di COVID-19 in otto paesi e tre continenti tra cui USA, America Latina e Sud Africa. I dati comprendono, quindi l’efficacia contro i nuovi ceppi emergenti di coronavirus. Per essere più precisi, lo studio ha arruolato il 44% dei partecipanti negli Stati Uniti, il 41% in Centro e Sud America e il 15% in Sud Africa. La protezione è stata trasversale alle etnie e i gruppi di età, inclusi i soggetti adulti sopra i 60 anni, nonché trasversale alle varianti e regioni geografiche studiate.  Per esempio, in Sudafrica, dove quasi tutti i casi di COVID-19 (95%) erano dovuti all’infezione data dalla variante, è stata confermata l’efficacia dell’85% contro le forme gravi della malattia».Ci sono fasce d’età escluse?«Sempre facendo riferimento allo studio ENSEMBLE, il 41% dei partecipanti presentava comorbidità croniche associate ad un aumentato rischio di progressione a forme gravi di COVID-19: obesità (28,5%), diabete di tipo 2 (7,3%), ipertensione (10,3%), HIV (2,8%). Lo studio, inoltre, è stato condotto su una popolazione di adulti dai 18 anni in su, comprendendo anche gli anziani. Infatti, i soggetti adulti sopra i 60 anni arruolati nello studio sono oltre 13.600».Quanto costerà una dose?«Il nostro impegno è offrire al pubblico un vaccino a prezzi accessibili, su base non profit, per l’uso di emergenza nella pandemia. Stiamo inoltre lavorando a stretto contatto con l’Organizzazione Mondiale della Sanità per far avanzare il nostro candidato vaccino tramite percorsi normativi accelerati. Pochi giorni fa abbiamo, infatti, presentato all’OMS la domanda per l’Emergency Use Listing, una procedura che velocizza il processo attraverso il quale prodotti nuovi o senza licenza vengono valutati per l’uso durante le emergenze di salute pubblica da parte dei governi e delle agenzie di approvvigionamento delle Nazioni Unite. Questa procedura accelera l’accesso a tali prodotti in molti Paesi del mondo ed è anche un prerequisito per fornire vaccini alla nuova COVAX Facility, un meccanismo globale per l’approvvigionamento e la distribuzione comune dei vaccini contro il COVID-19 in 190 Paesi partecipanti, compresi 92 Paesi a basso reddito. Ci siamo, infatti, impegnati a fornire fino a 500 milioni di dosi di vaccino ai paesi a basso reddito e nel dicembre 2020 abbiamo raggiunto un accordo di principio con Gavi, la Vaccine Alliance, a sostegno della COVAX Facility globale, per fornire ben 200 milioni di dosi già nel 2021».Sarà possibile fare il vaccino J&J anche alle persone che hanno già contratto il virus Sars-Cov-2?«Abbiamo una conoscenza ancora limitata della malattia e del suo decorso naturale. Così come avviene per l’identificazione delle fasce di popolazione prioritarie a ricevere il vaccino, la valutazione sul momento migliore per la somministrazione a chi ha già contratto il virus spetta alle istituzioni che, in stretta collaborazione con gli esperti, guideranno sui percorsi più corretti da seguire anche in questo caso».Negli Usa, la “Food and Drug Administration” ha autorizzato il vaccino J&J per l’uso in emergenza, avete già iniziato a somministrarlo?«L’autorizzazione da parte della FDA è arrivata a seguito della raccomandazione del Comitato consultivo per i vaccini e i prodotti biologici correlati (VRBPAC) che aveva votato all’unanimità per l’autorizzazione all’uso di emergenza. La somministrazione inizierà nei prossimi giorni. L’impegno che onoreremo è quello di fornire 100 milioni di dosi negli Stati Uniti entro la prima metà dell’anno».Come vi state organizzando in vista della prossima autorizzazione dell’Ema?«Siamo molto orgogliosi della collaborazione messa in atto con gli enti regolatori grazie alla quale si sono compressi i tempi degli iter di valutazione. Il 1° dicembre 2020, il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA ha autorizzato la rolling review (revisione in itinere) del nostro candidato vaccino. In circostanze normali, tutti i dati sull’efficacia, la sicurezza e la qualità di un vaccino sperimentale devono essere presentati insieme all’inizio di una procedura di richiesta di licenza. Tuttavia, nel caso della rolling review, l’autorità di regolamentazione esamina i dati man mano che si rendono disponibili dagli studi in corso. Esaminando i dati non appena disponibili, l’autorità di regolamentazione può raggiungere prima la sua decisione sull’eventuale autorizzazione del vaccino. A metà febbraio abbiamo completato la sottomissione e chiesto l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata all’Agenzia europea per i medicinali. In linea con il nostro accordo, ci aspettiamo di iniziare a fornire le 200 milioni di dosi previste per l’Unione Europea, 27 dei quali destinati all’Italia, a partire dal secondo trimestre del 2021, a condizione che venga concessa l’autorizzazione alla commercializzazione».C’è la possibilità che il vaccino potrà essere prodotto in Italia (si parlava ad esempio della Catalent di Anagni)?«Data la natura senza precedenti della pandemia e per rispondere alla domanda globale, come Johnson & Johnson stiamo espandendo la capacità produttiva in tutto il mondo.  Crediamo che la collaborazione sia un elemento chiave per accelerare i processi a tutti i livelli, a partire dai governi nazionali fino ad arrivare agli organismi internazionali e le reti locali di fornitura. Per questo, stiamo lavorando per accelerare tutte le fasi del processo di produzione del vaccino. Abbiamo stipulato accordi per espandere la nostra capacità produttiva in tutto il mondo con molte aziende tra le quali anche Catalent Biologics per sostenere la produzione del candidato vaccino. Tuttavia, come per tutti i vaccini, il processo di produzione e la catena di fornitura richiedono tempo e sono molto complessi. L’identificazione e l’attivazione di nuovi siti per la produzione e l’infialatura richiedono molti sforzi, anche perché dobbiamo garantire elevati standard di qualità e sicurezza, cosa che è e rimane la nostra priorità assoluta».