Come avevo annunciato in un articolo precedente, la conferma degli elementi per spiccare un mandato di arresto internazionale è arrivata proprio dal procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan il quale non ha potuto più fare a meno di chiedere l’emissione di mandati di arresto contro il premier israeliano e il suo ministro della Difesa. Lo stesso trattamento è stato giustamente riservato per i leader di Hamas.

Quest’azione, a mio parere, non è soltanto simbolica. Produrrà comunque conseguenze penali a livello internazionale sia per il suo Capo di Governo, sia per lo Stato di Israele. A quanto si è potuto leggere nell’ordinanza, sia Benjamin Netanyahu, sia il suo ministro della Difesa, Yoav Gallant, sono indagati per «crimini di guerra e crimini contro l'umanità» commessi nella Striscia di Gaza dall’8 ottobre 2023.

Pur se sappiano bene che Israele non riconosca i poteri della Corte penale internazionale dell’Aia per non aver mai firmato il relativo Trattato, questi mandati d’arresto producono effetti negli altri Stati che invece hanno riconosciuto l’organo penale internazionale.

Se sarà confermata la richiesta, come credo avverrà, Netanyahu non potrà più recersi in quegli Stati perché dovrebbe essere arrestato e consegnato alla giustizia per essere processato.

Lo Stato di Israele, inoltre, è già chiamato a rispondere di presunte accuse di genocidio, come legittimamente richiesto dal Sudafrica e questi mandati di arresto spiccati in questi giorni rafforzano anche quella richiesta. Il premier israeliano rappresenta ora il primo caso di leader di uno Stato democratico sottoposto a mandato d’arresto internazionale al pari di dittatori come Gheddafi e Putin.

Le reazioni all’emissione di questo mandato d’arresto sono molteplici e tutte di natura prettamente politica. In realtà dal punto di vista del diritto internazionale penale ci sono tutti gli estremi per un simile atto coercitivo. Nella Striscia di Gaza i pesanti bombardamenti israeliani hanno ucciso oltre 35.000 persone (in maggioranza civili, donne e bambini) e portato quella prigione a cielo aperto nella carestia.

A seguito di simili eccidi nessuno può essere sopra la legge, pena il venir meno della credibilità di tutto il sistema di giustizia internazionale penale. Sarebbero 124 gli Stati obbligati giuridicamente a procedere all’arresto se la persona incriminata si trovasse nel loro territorio. Tra questi Stati c’è tutta l’Unione Europea. 

Vincenzo Musacchio, criminologo, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.