Se di questi tempi avete la "sfortuna" di trovarvi in Lombardia, nel caso vi capitasse di intravedere un qualcosa di indefinito sfrecciare davanti a voi... non preoccupatevi, non è niente di anormale e non vi state ammalando di Covid. Si tratta semplicemente di un leghista di una qualche amministrazione locale che sta lavorando per voi per porre freno al contagio di Sars-CoV-2 nella regione. 

I lombardi, soprattutto se sono leghisti, si muovono alla velocità della luce e già intervengono per sistemare un problema già prima che questo si possa presentare. E sono talmente rapidi nel fare nuove opere che addirittura finiscono per inaugurarle prima che queste vengano completate, come accaduto all'ospedale da campo "realizzato" in due padiglioni della ex Fiera al Portello. E addirittura sembra che stiano pure allenandosi per fare di meglio, perché adesso stanno pensando pure di inaugurare le prossime opere già prima che vengano iniziate.

Tutto questo iperattivismo degli amministratori leghisti della Lombardia, però, viste le conseguenze che il contagio da Covid-19 ha causato in molte province della regione, a molti ha dato l'impressione che sia dovuto non tanto ad un sistema di lavoro, quanto ad un farsesco tentativo di messa in scena per nascondere le numerose mancanze che hanno fatto sì che i focolai lombardi causassero molte più vittime di quelle registrate in molte altre parti d'Italia.

Tra queste mancanze, vi sono quelle relative alle Rsa della regione, a partire da quella più importante, il Pio Albergo Trivulzio. Al riguardo la procura di Milano, che aveva avviato un'inchiesta conoscitiva, ha deciso che vi erano elementi che giustificavano un approfondimento  in merito alla vicenda delle oltre 100 vittime (ma alcuni dicono essere 150) decedute nel mese di marzo nelle tre diverse strutture gestite dalla "Baggina". 

Per questo, ha deciso di iscrivere nel registro degli indagati il direttore generale del Trivulzio, il leghista Giuseppe Calicchio, con l'accusa, secondo il Corriere, dei reati di epidemia colposa e omicidio colposo. E altrettante inchieste sono state avviate su altre case di riposo lombarde, tra cui l'istituto Don Gnocchi e la Sacra Famiglia di Cesano Boscone... una dozzina in tutto.   

Naturalmente, l'avvio di un'inchiesta e l'iscrizione nel registro degli indagati non significa che sia stato commesso un qualche reato, però, per quanto riguarda almeno il Pio Albergo Trivulzio, i numerosi decessi avvenuti in quella struttura non sembrano poter essere imputabili solo ad un tragico destino.

A dimostrarlo una registrazione di alcune conversazioni tra il personale sanitario di quella Rsa, di cui il quotidiano Repubblica è venuto in possesso. Di seguito si riportano alcuni stralci:

"Qui se fanno i tamponi siamo tutti positivi e devono chiudere, hai capito?", dice un operatore sanitario. "Di là in reparto ne stanno morendo quattro, isolati, però questi bastardi mica lo dichiarano, dicono che sono tre...", racconta un’altra che si sta preparando ad entrare in servizio, si capisce perché il collega la sta aiutando a mettersi bene la mascherina. Il giorno prima — continua — una infermiera "ha lavorato con la febbre, tossiva di brutto, le mancava il respiro, stava malissimo, non l’hanno mandata a casa perché dicevano che doveva avere almeno 37,5. Poi ha chiamato la guardia medica, che si è incazzata con lei perché non doveva lavorare così, oggi è a casa e le hanno detto che forse domani la ricoverano perché è grave". Replica una terza persona: "Questa è una roba da denuncia!". Il dialogo va avanti, chi ha raccontato l’episodio però ammette che "io lo so perché si è infettata: diceva che la mascherina non la faceva respirare, allora se la toglieva, questo è il risultato, se la mettiamo non succede"."Non ci hanno nemmeno formato per questa cosa, ci hanno fatto leggere un foglio che spiegava cos’era il coronavirus, lo abbiamo firmato e basta...", riflette un operatore.Poi arriva una quarta infermiera, deve prendere dei guanti. Si va avanti a chiacchierare dei turni da fotocopiare e di alcuni pazienti. E si arriva ad uno in particolare, che non si capisce bene cosa abbia. «A me hanno detto in consegna che comunque è stato un allarme e che lui sta bene», spiega la persona entrata da poco. "No no no, aveva la polmonite bilaterale e addensamento parenchimale, hanno nascosto pure la tac di lui. Le lastre e le tac hanno confermato che aveva un focolaio in atto», è la risposta. «Sulla cartella clinica non posso andare a vederla?", domanda ancora la sua interlocutrice. E lei: "Sono nascosti i fogli, hanno nascosto i fogli da dentro agli archivi, dentro i cosi della radiografia che c’è di là dove stiamo noi, e nelle cartelle li hanno nascosti questi fogli, non vedrai né la tac né le radiografie che ne ha fatte tre consecutivamente". Allora si intromette un terzo, si chiede "quando censiranno i decessi di questi mesi come faranno?"