"Ricordi poetici di un viaggio in Egitto" di Davide Riccardo Romano
Nella terra dei faraoni, dove il Nilo scorre eterno come un antico canto, trovai una bellezza che parla di millenni. Era un viaggio nell'anima dell'Egitto, un mosaico di fede e cultura, intrecciato tra le antiche chiese copte e le maestose moschee.
Il sole egiziano, implacabile e dorato, accarezzava le pietre di antichi templi, testimoni silenziosi di epoche lontane. Le strade di Cairo, vivaci e pulsanti, erano un intreccio di storie e vite, un fiume di umanità in continuo movimento. Ma oltre il frastuono, nei luoghi di culto, trovai un’oasi di pace e contemplazione.
Le chiese copte, con le loro mura spesse e le icone sacre, erano rifugi di devozione e arte. Entrando, sentivo il profumo dell'incenso che si alzava verso le volte affrescate, un invito a lasciare fuori il mondo e ad immergersi nel sacro. Ricordo la quiete delle preghiere sussurrate, l’atmosfera di riverenza che pervadeva ogni angolo. Le storie di martiri e santi dipinte con cura sui muri raccontavano di una fede resiliente, che ha resistito al tempo e alle persecuzioni.
Ogni chiesa era un tesoro nascosto. La Chiesa di San Sergio, con la sua cripta che ospitò la Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto, emanava un’aura di antica protezione. I colori vivi delle icone sembravano raccontare segreti a chi sapeva ascoltare. Era un luogo dove la spiritualità si intrecciava con la storia, creando una trama di emozioni profonde.
Poi, nel cuore della città, si ergevano le moschee, eleganti e maestose. La Moschea di Muhammad Ali, con le sue cupole e i suoi minareti, dominava il paesaggio come una sentinella divina. Salendo le scale di pietra, il mondo moderno svaniva, sostituito da un senso di infinito. L'interno, vasto e ricco di decorazioni, era un poema visivo di luce e ombra. Il silenzio era rotto solo dal mormorio delle preghiere, un ritmo che univa gli uomini in un unico respiro di devozione.
La Moschea di Ibn Tulun, con il suo cortile ampio e i delicati arabeschi, era un rifugio di serenità. Camminando sotto le arcate, sentivo il peso della storia e la leggerezza della fede. Ogni dettaglio architettonico, ogni intarsio, parlava di un’arte sublime dedicata al divino. Le parole del Corano, incise con maestria, erano un invito a riflettere sulla bellezza e sulla profondità dell’Islam.
In questo viaggio tra chiese e moschee, sentii il battito di un Egitto che vive nella pluralità delle sue fedi. Le campane e i richiami alla preghiera si mescolavano, creando un’armonia unica. Le strade erano percorsi di scoperta, dove ogni passo portava nuove meraviglie. La gente, con la sua ospitalità calorosa, era il cuore pulsante di una cultura antica e accogliente.
L’Egitto mi insegnò che la spiritualità non conosce confini, che la bellezza si trova nella diversità e che il sacro risiede in ogni angolo di questo mondo. Tornai da quel viaggio con l’anima arricchita, portando con me i ricordi di un’esperienza che fu poesia pura, scritta con le pagine del tempo e dell’eternità.