Ah! Giovani sfaticati e senza nemmeno voglia di studiare. Tutti apericena, movida e divano. Vogliono la vita facile. Non sanno sacrificarsi e stanno portando il paese alla rovina. Ma si! Diamogli anche la colpa di questo.
Che sapore hanno queste parole oggi, nella giornata mondiale dello sfruttamento minorile (più giovani di loro…). Roba da terzo mondo? Non tanto. Secondo Save the Children in Italia si viaggia sul 6,5%, ossia 1 minore su 15, tra i 7 e 15 anni. Mentre dai 15 ai 18 c’è il limbo di chi sarebbe idoneo al lavoro ma minore per legge. Usuali dissonanze giuridiche e sociali. Direi che sommando le percentuali è più che verosimile l’ipotesi di un totale del 10% di lavoratori under 18, in Italia, sempre partendo dai 7 anni. Molti bambini, insomma.
Qualcun altro ha la fortuna di poter studiare. Non benissimo, nella scuola di oggi e con i servizi che offre, ma meglio che niente. Come saprete parlo spesso di queste altre ataviche disfunzioni.
Che siano studenti, minori sfruttati, o anche NEET, vorrei premettere che anche a me i giovani non stanno molto simpatici, ma per ragioni assai diverse e mai per colpa loro. Vengono tutti educati alla stessa maniera per regolarsi nell’intricato e iniquo sistema sociale in cui dovranno esprimersi. A qualcuno di questi “giovani” però non gira bene. Si ribella. Ancora pochissimi, purtroppo. Tuttavia il sistema è attrezzato per individuarli e metterli subito in croce e poi in riga, inventando le consuete gogne che ho riassunto in apertura: “Ah! Giovani sfaticati…”.
E’ una cronaca che ricorre da ben 60 anni. Lo sapevate?
Volevo da tempo fare una ricerca e riportare qualche vecchio articolo, ma ho scoperto che qualche giorno fa ci ha pensato Charlotte Matteini, una giornalista che scrive anche sul Fatto Quotidiano, confezionando un pregevole articolo/ricerca che centra l’obiettivo magistralmente e rispedisce al mittente la frottola dei giovani sfaticati che preferiscono divani e sussidi.
Secondo me non ce ne sarebbe stato bisogno. Chi è genitore può semplicemente osservare i propri figli evitando solo di elevarli a fuoriclasse al di sopra degli dei dell’olimpo, guardandosi semplicemente allo specchio e interrogandosi se sono stati educati secondo etica o seguendo la morale di quegli schemi di cui parlavo pocanzi. Il bello è che non c’è differenza con la questione “sfaticati”: non lo sono, se fanno parte del sistema; e non lo sono, se educati all’etica che porta alcuni alla ribellione.
Non lo sono, nessuno di loro. Punto.
Ma qui a noi interessano quelli “secondo etica”. Quelli, cioè, intercettati e crocifissi dal sistema che la Matteini non distingue ma ci ri riporta articolando la sua ricerca nelle narrative mediatiche di questi ultimi 60 anni. Si parte dalla smentita dell’Eures, il cui rapporto fa notare che il 67% degli under 35 è pesantemente sottopagato, e poi si ricongiunge allo studio di Paul Fairie, che l’anno scorso riportò su Twitter una serie di ritagli di giornali anglofoni di vari anni con la medesima litania sulla mancanza di voglia di lavorare. Il concetto è universale, ed è ovvio.
Analizzando gli archivi de La Stampa e la Repubblica si osserva dunque che il racconto tossico dei giovani che non vogliono lavorare risale almeno a 60 anni fa. Quindi, cari tutti della mia età di confine tra boomers e generazione X, sappiate che anche noi eravamo sfaticati, e in egual modo la progenie che ci mise al mondo. Nessuno sfugge a quel giudizio.
Per esempio La Stampa del 1959 - scrive Charlotte Matteini - titolava che «Pochi giovani vogliono apprendere l’oscura e raffinata arte del cuoco». Vi ricorda qualcosa? E un’altra testata: «…solo 196 giovani disposti a lavorare in campagna». Vi ricorda qualcos’altro? E tanti altri utili ricordi potranno essere sbloccati da questa interessante inchiesta della Matteini.
Nel frattempo mi viene anche di fare un parallelismo dal sapore ancora più bieco, a proposito del settore della ristorazione che purtroppo circonda i tanti onesti e bravi imprenditori da altri lestofanti sfruttatori che si lasciano anche strumentalizzare volentieri da politici con ancor meno scrupoli (ci mancherebbe!). Sarebbe proprio in questo settore - secondo Save the Children - che si concentrebbe il 25,9% della schiavitù minorile, e a seguire le attività commerciali in genere, la campagna e i cantieri. Parliamo sempre di cifre italiane (la fonte è la stessa, ed è una delle tante).
Tornando all’articolo della Matteini, nel 1980 risulterebbe emblematico un pezzo a firma di Lidia Ravera, che tra l’altro avrebbe scritto: «Giovani, belli e mendicanti. I nuovi miserabili che al lavoro preferiscono l’elemosina». Apoteosi di una superficiale generalizzazione da premio oscar che fa impallidire perfino la nostra attuale premier con il suo “metadone di Stato”. Sebbene siano parole estratte da un contesto che personalmente ignoro, onestamente ho difficoltà a immaginare un contesto ove queste locuzioni possano vivere con intelligenza, anche a giudicare dal resto delle citazioni riportate. Il punto però non è il giudizio sulla dialettica dei cronisti di varie epoche, ma sempre e solo il ripercorrere i momenti storici in cui i giovani sono stati presi malamente di mira.
E con i giovani naturalmente i sussidi. Quello di disoccupazione, pur di ampia miserevolezza nell’ammontare anche temporale, è stato da sempre attaccato dagli imprenditori come disincentivo al lavoro (rectius: disincentivo a farsi sfruttare!). Il Reddito di Cittadinanza è solo la triste storia recente; una storia che dunque si ripete da almeno 60 anni su tutto quel territorio che la nostra Costituzione ha provato invano a proteggere.
Solo un altro dei più bei regali del sistema capitalistico, al quale servono “schiavi”, non persone. Alcuni “eletti” per credersi ricchi sotto l’ala di chi li ha creati, e da questi avere quel di più che al momento opportuno li sosterrà, difenderà, promuoverà e celebrerà dopo il trapasso che inesorabilmente interessa qualunque essere umano.
Ecco cos’hanno fatto i giovani: essere giovani! Una colpa, possibilmente transitoria. E un pericolo, se non si piegano opportunamente al sistema, le cui contromisure sono talmente efficaci da annidarsi all’interno delle stesse famiglie per mezzo di quei metodi (dis)educativi che ove non riescano a forgiarli nello schema giusto li colpevolizzano e puniscono ancor prima di quegli echi mediatici di cui ci siamo fin qui occupati.
Ieri è trascorso l’anniversario della morte di Berlinguer, e nelle reti social veniva riproposta continuamente una sua famosa frase: «Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia».
Ora mi chiedo: l’avete capita o no?
📸 base foto: Jayzza Gallego Garzon da Pixabay