Enigma in redazione, Anna Parlato. -
Napule è mille culure…e nei primi anni ottanta alcune tinte sono fosche, la metropoli accerchiata com’è dalla malavita organizzata, senza il conforto delle vecchie, dolci atmosfere musicali e cinematografiche, che l’avevano eletta veicolo dell’Italia nel mondo. La lotta tra nuova e vecchia camorra sta distruggendo e deviando soprattutto la gran massa di giovani di cui quel territorio prolifico è storicamente generoso, atterrisce gli onesti, coinvolge ogni strato sociale.
La nostra storia nasce appunto tra la crème sotto il Vesuvio, i nomi che contano e comandano, i conducator; ci aggiriamo nell’ ambito della old money partenopea.
Anna Parlato, nata ricca di suo, molto giovane sposa uno dei migliori partiti in giro, Ugo Grimaldi, nipote di Achille Lauro, nome che oggi fa pensare subito a un’abbagliante rapper, ma il primo e vero era un armatore, al tempo in cui si competeva con Aristotile Onassis; fu presidente del Napoli calcio e per qualche tempo sindaco.
La bella maggiorente, espletati i suoi doveri di moglie mettendo al mondo quattro figli, si dedica a una pletora di attività gestionali, bazzicando fior da fiore finché, nel mondo dell’ippica, si sarebbe imbattuta nelle conoscenze giuste per darsi anche una veste intellettuale e diventa collaboratrice del “Mattino”, quotidiano top per tutto il meridione, seguito a una certa distanza dal rivale concittadino “Roma”.
E’ immaginabile che le redattrici che si erano sudate il posto non l’abbiano accolta con salti di gioia, una in particolare: Elena Massa, moglie separata – o separanda - del comune collega Ciro Paglia, madre di un figlio, malignamente reputata, a posteriori, inadatta a competere con la fulgida rivale. Infatti Anna, che all’epoca venne definita “spericolata” ( oggi si legge che “ mordeva la vita”, in buona sostanza dovette pestare parecchi piedi) per un periodo è l’amante di Paglia. In seguito diverrà evidente che per lei non doveva essere che una delle divagazioni che si concedeva ( o le servivano), ma al tempo avrebbe potuto infastidire una consorte che forse ancora sperava di rattoppare la sua unione, benché, sarà lei stessa a dichiararlo, Ciro fosse un infedele cronico.
Il 31 marzo 1981 la vip sta tornando in villa, a Posillipo, dove la attende la festa di compleanno di una figlia, scende dall’auto per aprire il cancello, ma qualcosa accade: una discussione degenerata o un agguato, fatto sta che la donna, attinta da quattro colpi di arma da fuoco, stramazza, lasciando il motore ancora acceso.
L’ambiente altolocato è ancora sotto shock per la strage di via Caravaggio del 1975 ( in precedente articolo), che vedrà sotto processo il rampollo di una ricca famiglia di avvocati, e sembra che l’omertà regni sovrana, soprattutto nella redazione dove la vittima lavorava: imbarazzata dall’affaire tra giornalisti della prestigiosa testata che, secondo la Procura, ha provocato la collera della moglie tradita. Elena viene sospettata anche perché il caro coniuge ammolla con nonchalance la notizia che la moglie possedeva una pistola Browning 6,75, guardacaso la stessa arma del delitto (mai ritrovata), anche se ne era stato denunciato lo smarrimento mesi prima.
L’alibi della columnist sotto accusa sembra fragilino, mentre lei si difende disperatamente. In effetti, alle scappatelle dell’ormai distante marito era abituata, e la storia con l’ingombrante Anna era finita. Si giungerà ad una assoluzione per insufficienza di prove ( formula permessa dal vecchio codice penale), peraltro dopo una latitanza dell’imputata, che racconterà a Enzo Biagi lo stato d’animo che spinge a scappare da innocenti.
Tutto deve essere dimenticato e il silenzio richiudersi sul noir che ha inaugurato il decennio, nella città che sta per dare il benvenuto a Diego Maradona; a nessuno fa piacere parlare di crimini, men che meno quando i protagonisti appartengono alla categoria che, essa sola, può sfracellare le vite altrui a colpi di penna: tanto più che, nel corso delle indagini, era venuta fuori pure una storia della Parlato con l’amministratore delegato del Roma.
Nella seconda metà degli anni novanta il solito pentito va a ripescare la losca faccenda, rivelando che si trattava di un avvertimento degenerato in omicidio: la bella signora vantava conoscenze nell’ambiente malavitoso e si era offerta quale mediatrice, allorché la camorra, nella lotta contro la NCO (Nuova Camorra Organizzata) di Raffaele Cutolo, aveva rapito un nipote del marito, poi liberato dietro riscatto dopo la morte di lei. I rapitori non avevano gradito la sua interferenza. Il pentito morirà poi suicida e il crimine resta impunito.
Vicino al Circeo, "il giustiziere" degli usurai. -
Il cancello risulta fatale per un altro personaggio oggi dimenticato, ma piuttosto noto alla fine del secolo scorso nell’ambiente legale italiano, l’avvocato romano Vincenzo Mosa, detto Enzo. Sposato in seconde nozze, con figli anche dalle prime, idee politiche oscillanti tra l’”azionismo” di Pino Rauti e la destra sociale ( fu candidato sindaco, ma non eletto), è responsabile dell’ufficio legale dello SNARP, sindacato antiusura, incarico delicatissimo: infatti Mosa gravita nell’orbita di Sabaudia, territorio attaccato da un assalto composto di malaffare, malversazione e corruzione che ha prodotto arresti anche nel 2020 ( operazione Agro Pontino).
La sera del 2 febbraio 1998 Enzo, descritto come un vincente che non ammette smacchi dalla vita e tiene all’immagine di falco, è appunto nella località di mare, per portare i cani da lì, dove la famiglia dispone di un villino in zona Colle Piuccio, a Roma, dove vive con la moglie Eleonora. Quest’ultima non lo vede arrivare, da l’allarme alla domestica che si precipita col marito, ma non riescono a entrare a causa della ringhiosa e spaventata guardia che fa uno degli animali ( le razze aggressive erano quelle predilette dal loro padrone); dovrà arrivare un vicino che frequenta la casa e sa come rapportarsi con il cane, perché si possa varcare il cancello, per trovarvi, appena dietro, sull’erba, il corpo del professionista, freddato da un colpo di fucile, che risulterà modificato artigianalmente, alla schiena. Il lampione che illuminava l’ingresso, posto sulla stradina laterale in salita alquanto isolata, non manda luce, forse disattivato dall’assassino.
Farà le spese della semplificata indagine un personaggino non da poco, il campione di canoa a livello olimpionico Mauro Chiostri, signore glam che aveva una relazione con Eleonora e il marito di lei aveva minacciato, schiaffeggiandolo in un’occasione. Ad assoluzione incassata, il canoista avrà a dichiarare di aver condotto con la donna una relazione free, senza particolari coinvolgimenti sentimentali. Verrà anche fuori che la stessa vittima si concedeva divagazioni sessuali e si legge che non avesse problemi a farsi vedere in giro con trans.
Poiché anche in questo caso è spuntata la banda della Magliana, facile feticcio per mettere un sigillo sui faldoni polverosi di annose vicende giudiziarie complicate da spiegare, non resta che ricordare la grinta di Vincenzo e sperare in qualche novità.