Open Arms, adesso la parola alla Procura di Agrigento
Il fatto che l'inchiesta della procura di Agrigento che ha portato al sequestro della Open Arms riguardasse l'abuso d'ufficio, fin da subito faceva intendere che i principali indiziati fossero da ritenersi coloro che alla Open Arms hanno negato persino l'attracco al porto di Lampedusa.
Un'accusa che, nell'ordinanza della Procura, è imputata alla prefettura di Agrigento, che ha competenza su Lampedusa, per non aver dato seguito alla sentenza del Tar del Lazio con cui si chiedeva l'immediato sbarco dei migranti.
Non solo. Anche l'invito, con tanto di documento scritto da parte della Capitaneria di porto, a concedere almeno l'attracco alla Open Arms è stato completamente ignorato.
E di chi è la colpa? I funzionari locali che avevano il compito di prendere delle decisioni al riguardo, messi di fronte alle loro responsabilità, pare abbiano indicato nel "vertice politico" del Viminale quanto da loro disatteso.
Viminale, tra l'altro, che ha accettato di buon grado (si far dire e per ridere) l'inchiesta della Procura, tanto che venerdì scorso quando un nucleo di agenti di Polizia, su delega della Procura di Agrigento, aveva bussato agli uffici del ministero guidato da Salvini per ottenere copia di documenti e comunicazioni che riguardassero Open Arms partiti dal gabinetto del ministro e dal Dipartimento Immigrazione del Viminale, dal personale competente gli è stato risposto che sarebbero stati raccolti ed inviati poi ad Agrigento, probabilmente già da lunedì!
Un fatto senza precedenti, come il ricorso urgente annunciato dallo stesso Salvini al Consiglio di Stato e mai presentato, anche perché - come spiegato poi da Repubblica - tecnicamente, dal punto di vista giuridico, era impresentabile.
Ma ai fatti della Open Arms - non è illogico pensarlo - se ne aggiungeranno anche altri comandati, pretesi e commessi dal Viminale a partire già dall'entrata in vigore del primo decreto sicurezza per il mancato rispetto delle convenzioni internazionali cui l'Italia ha aderito e che, oggetivamente, sono "un limite alla potestà legislativa dello Stato ai sensi degli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione e non possono, pertanto, costituire oggetto di deroga da parte di valutazioni discrezionali dell'Autorità politica, ponendosi su un piano gerarchico sovraordinato rispetto alla fonte primaria".
A tal riguardo, anche i ministri Toninelli e Trenta, oltre a Salvini, dovranno pertanto giustificarsi di esser venuti meno all'obbligo di salvataggio delle vite in mare, "un dovere degli Stati" che "prevale sulle norme e sugli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell'immigrazione irregolare".