Quello con l'Albania, come chiunque non abbia dato il cervello all'ammasso ha da tempo ben compreso, è un piano privo di logica e di utilità, con il quale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sperperando un miliardo di euro, voleva far credere - a questo punto solo a degli sfortunati cerebrolesi - che grazie a lei i migranti provenienti dal Mediterraneo non sarebbero più sbarcati in Italia.
Per questo, Meloni ha fatto costruire un paio di centri di detenzione in Albania, gestiti da personale italiano, per effettuare procedure che avrebbero potuto essere effettuate tranquillamente anche in Italia, a costi incomparabilmente ridotti.
Non solo. Con le modifiche introdotte dal D.L. 145/24, convertito dalla L. 187/24, il governo Meloni ha reso praticamente impossibile l’esercizio del diritto di difesa per le persone straniere trattenute nei centri in Albania. Questi cittadini stranieri, dopo aver ricevuto il rigetto delle loro richieste di asilo, dispongono di soli 7 giorni per presentare ricorso giurisdizionale, un termine irrealistico a causa delle numerose difficoltà logistiche e legali.
Per tale motivo, l'Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Avv. Francesco Greco, per denunciare "anche" le gravi violazioni del diritto di difesa nelle strutture detentive di Gjader, in Albania.
Questo il testo...
Egregio Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Avv. Francesco Greco,A seguito della nuova operazione di accompagnamento di cittadini stranieri nelle strutture detentive di Gjader, in esecuzione del Protocollo Italia-Albania, il 30 gennaio 2025 i 43 richiedenti protezione internazionale trattenuti hanno ricevuto la notifica del provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma ne ha respinto le richieste di asilo.In virtù delle modifiche introdotte dal D.L. 145/24, convertito dalla L. 187/24, i richiedenti protezione internazionale dispongono ora di 7 giorni dalla notifica del provvedimento negativo per la proposizione del ricorso giurisdizionale, decorsi i quali gli stessi saranno sottoposti alla procedura di rimpatrio.Se l’esercizio del proprio diritto di difesa è gravoso per i richiedenti protezione internazionale trattenuti in Italia, per gli stranieri detenuti in Albania esso è, per le ragioni già espresse e che si esprimeranno a seguire, concretamente impossibile. In tale arco temporale infatti, questi ultimi dovrebbero sia ricevere informazioni relative alla possibilità e alle modalità di presentazione del ricorso sia, soprattutto, individuare un avvocato in Italia (senza il quale il ricorso non può essere presentato), contattarlo, fornire tutte le informazioni rilevanti ai fini della redazione del ricorso e rilasciare una procura, entro un termine di tempo esiguo. Trattandosi di procedimenti non esenti, gli stessi dovrebbero inoltre presentare altresì istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato che, tenuto conto delle evidenti carenze documentali, rischia di essere palesemente velleitaria.Le modalità di esercizio del diritto di difesa degli stranieri trattenuti in Albania non sono disciplinate dalla legge, ma sono addirittura rimesse alla discrezionalità del “responsabile italiano del centro”, al quale la legge di ratifica del Protocollo affida il compito di adottare «le misure necessarie a garantire il tempestivo e pieno esercizio del diritto di difesa dello straniero» (art. 4, c. 3, L. 14/24). La semplice inerzia, o una scelta errata, del funzionario amministrativo potrebbero pregiudicare l’esercizio di un diritto fondamentale, oltretutto in contrasto con l’art. 111 della Costituzione, secondo il quale “il giusto processo” deve essere regolato dalla legge. Senza dimenticare infine che, di regola, i richiedenti protezione internazionale non conoscono la lingua italiana e non godono di alcuna assistenza linguistica nella ricerca di un legale e nella comunicazione con quest’ultimo, ciò che ne compromette irrimediabilmente la possibilità di agire in giudizio.La deliberata volontà di impedire l’esercizio del diritto di difesa contrasta con gli artt. 24, Cost., 6, CEDU, 46, Direttiva 2013/32/UE, che impongono l’accessibilità di un “ricorso effettivo”. La normativa vigente prevede «oneri tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa» (C. Cost., n. 13/2022), determinandone così il completo annullamento.In considerazione di quanto sopra, tenuto conto dei continui tentativi di rendere impossibile l’esercizio del diritto di difesa e di delegittimare tutti coloro che agiscono per il rispetto dei diritti fondamentali, riteniamo indispensabile continuare a denunciare pubblicamente il grave attacco al diritto costituzionale di difesa ed all’esistenza stessa del diritto di asilo anche attraverso la nostra presenza presso le strutture detentive di Gjader.Riteniamo altresì indispensabile che si metta in atto ogni azione utile a garantire pienamente il diritto ad una difesa effettiva chiarendo quale lista di avvocati venga fornita, che vi sia una verifica delle competenze già acquisite dai difensori ivi inseriti, nonché assicurando la possibilità per i richiedenti trattenuti di entrare in contatto con associazioni e organizzazioni che in Italia si occupano del diritto di asilo per ricevere informativa legale, consulenza linguistica o altre tipologie di supporto.
La propaganda meloniana, pertanto, non solo contravviene alle regole umanitari, a quelle della logica e della buona amministrazione, ma anche a quelle del diritto e, alla fine, a quelle dettate dalla Costituzione.
E tutto questo a ulteriore riprova del fatto che i "sovran-fascisti", che grottescamente pretendono di essere definiti conservatori, al di là di quel che sostengono non hanno alcun rispetto della nazione, dato che non hanno alcun rispetto delle leggi fondamentali su cui la Repubblica è nata e si fonda. È arrivato il momento di ricordarlo.