E’ la voce italiana di tanti divi di Hollywood: da Tom Cruise a Tom Hanks, passando per Andy Garcia, Dennis Quaid e John Travolta. Per via dell’emergenza Coronavirus, Roberto Chevalier ha dovuto interrompere momentaneamente il suo lavoro, come tutti i doppiatori d’Italia. Dal 4 maggio il suo impiego potrà però riprendere, pur con i dovuti accorgimenti per evitare il rischio contagio.


Salve signor Chevalier. Io vorrei partire parlando del Coronavirus. I lavori di doppiaggio, a causa della pandemia, sono stati interrotti. Com’è andato questo periodo?
“Sono stato comunque occupatissimo. Ho fatto interviste, ho tenuto attivi i miei allievi della scuola di doppiaggio, facendo un po’ di lezioni on line secondo quello che era possibile fare. Ho letto, scritto, visto la televisione. Non sono mancate nemmeno le videochiamate con gli amici e i parenti. Insomma, pur nella completa inattività, è stato un periodo abbastanza pieno”.

Bene. Lei ha già ripreso a lavorare con il doppiaggio? “Abbiamo fatto pochissimi turni. Il pieno ritmo di lavoro è cominciato da lunedì 4 maggio. Abbiamo il protocollo che ci ha dato il ministero, con i codici Ateco. Sono state fatte tutte le sanificazioni e gli accorgimenti nelle sale. Si va a lavorare uno per volta, con le dovute prevenzioni. E’ tutto molto codificato e protetto. Si è potuto riprendere in base alle indicazioni del ministero. Gli accorgimenti li conosciamo, sono stati anche già attuati. Non ci resta che entrare in sala e lavorare”.

E prima degli accorgimenti, com’è andato avanti il vostro lavoro? “Sì. Già stavamo lavorando con le colonne separate, ognuno per conto suo. Prima capitava che 2 o 3 stessero insieme nella stessa sala, mentre adesso è obbligatorio uno per volta. Per esempio, il brusio – che prevedeva 8 o 9 persone insieme – ora si creerà con una persona per volta, con convocazioni orarie differenziate”.

Presumo che il lavoro subirà un rallentamento… “Assolutamente sì, però l’importante è poter riprendere seguendo strettamente i protocolli che ci sono stati forniti. Al di là del fatto professionale, è importante prestare la nostra voce in favore del pubblico. E poi non è nemmeno un male uscire un po’ da questo isolamento forzato”.

Ovviamente, per il momento, alcuni film non sono usciti nelle sale e, di conseguenza, non sono stati nemmeno doppiati. Le cito, ad esempio, il nuovo Top Gun… “Sì, è stato sospeso. Rimandata l’uscita del film in America, di conseguenza è stato bloccato anche il doppiaggio. Sarebbe dovuto uscire il 23 giugno. La speranza è che possa uscire per Natale, sennò aspetteremo la data che ci verrà detta. Le posso dire che abbiamo fatto in tempo a fare soltanto i trailer. In genere, poi il materiale arriva sempre all’ultimo perché si ha paura della pirateria”.

Questa situazione ha fatto emergere un aspetto importante del mondo dello spettacolo, ossia che non è abbastanza tutelato. Lei come vive questa cosa? “Ci vorrebbero sicuramente dei fondi speciali per sostenere tutti quelli che non lavorano, che stanno a casa. Penso che il mondo dello spettacolo, in generale, sia abbastanza tutelato dallo Stato, solo che negli ultimi anni si è investito sempre di meno in cultura. Un paese che non investe in cultura e nella scuola è destinato a morire”.

Parliamo un po’ di lei. Come si è avvicinato al mondo del doppiaggio? So che ha esordito da giovanissimo…“Ho fatto tutto da piccolo perché, come succede ancora oggi, quando c’è un bambino piccolo che funziona, si sparge subito la voce e si fa lavorare in tutti i campi. Io ho cominciato tutto, anche a recitare, quasi contemporaneamente da bambino”. Ultima domanda. Parliamo dei suoi figlio, che come lei hanno intrapreso la strada del doppiaggio. Giusto? “Mio figlio David e anche le mie due bambine. Si sono appassionate. La più grande, che adesso ha 16 anni, ha deciso di smettere due o tre anni fa, mentre la piccolina – che di anni ne ha 12 – è ancora molto gasata. Ho sempre fatto in modo però che quest’attività non interferisse con la scuola. David ha invece ormai tanti anni di carriera alle spalle, è un uomo fatto”.

E’ stato lei a trasmettere loro questa passione? “No, sono stati loro ad appassionarsi, magari con un senso di emulazione. Poi David l’ha anche confermata come professione”.

E per il lavoro d’attore. Sta continuando? “Sì, quando capita qualcosa che mi stuzzica lo faccio”.