I dati parlano chiaro: dal 2007 ad oggi c'è stata una progressiva emorragia di iscritti all'Istituto Nazionale dei Revisori Legali, storica associazione dei revisori legali che festeggia quest'anno il sessantesimo anniversario dalla sua nascita. Ma andiamo per ordine.
L'Istituto, fatta base il 2007, si è ritrovato nel 2011 con una riduzione del 17,36% degli iscritti. La cosa ha creato evidentemente preoccupazione negli uffici del Consiglio dell'INRL, tanto da indurre ad incrementare del 33,33% la quota annuale d'iscrizione per contrastare la perdita secca di introiti. La “cura” non ha funzionato, perché l'emorragia di associati è continuata, tanto da registrare, nel 2015 e sempre sulla base del 2007, una riduzione di oltre il 40% di iscritti, oltre alla perdita di risorse economiche (nonostante l'incremento della quota annuale).
Che la cura, come già detto, non abbia funzionato ce lo ha rivelato il secondo campanello d'allarme, squillato lo scorso 11 marzo, quando l'Assemblea dei delegati ha visto, per la prima volta, la nascita di una minoranza, ancora non organizzata, ma qualificata e corrispondente a circa il 20%, peraltro già capace di non allinearsi dietro al “líder maximo” Virgilio Baresi, al timone dell'INRL da oltre dieci anni. Inoltre, per la prima volta, il rendiconto consuntivo annuale 2015 – rappresentato mediante principi di cassa anziché di competenza e senza una completa e dettagliata enunciazione dello stato del patrimonio – non è stato approvato all'unanimità ma a maggioranza, con dichiarazioni di voto da parte di delegati che hanno apertamente contestato il presidente ed il Consiglio.
Alcuni membri della minoranza – che hanno avuto il coraggio di opporsi ad una monolitica gestione, incrollabile per sessant'anni, ma che oggi mostra le prime crepe – hanno minacciato una scissione che porti alla creazione di un'Associazione parallela, fondata proprio su una gestione trasparente e soci non legati anche ad interessi esterni.