Alberto Veronesi, oltre ad essere il figlio del fu famoso oncologo, è anche un politico che fa il direttore d'orchestra... oppure, se si preferisce, un direttore d'orchestra che fa anche il politico. 

Da politico, ha gravitato soprattutto nell'area dem, per poi fare una capatina dai renziani, fino ad accasarsi, nell'ultimo periodo, con i (post) fascisti di Giorgia Meloni.

Infatti, alle ultime regionali della Lombardia, dopo aver criticato la giunta Fontana per le sue scelte durante la pandemia, si è presentato a sostegno della rielezione di Fontana come candidato al consiglio regionale nella lista di Fratelli d'Italia.

Anche se Toscanini abbia già ampiamente dimostrato quanto il rapporto tra fascismo e direzione d'orchestra sia antitetico, Beatrice Venezi e Alberto Veronesi sembrano non averlo capito e per dimostrare il contrario hanno scelto Puccini per dimostrarlo. 

La prima, alcuni giorni fa, ha pensato bene di far eseguire come fuori programma l'Inno a Roma, diventato l'inno del ventennio fascista prima e l'inno dell'MSI poi, alla fine dell'evento introduttivo delle manifestazioni dedicate a Puccini per il centenario della sua morte, avvenuta nel novembre del 2024.

Alberto Veronesi, invece, ha messo in scena una pagliacciata alla prima della Bohème andata in scena venerdì sera a Torre del Lago per l'annuale Festival.

Nonostante sia anche presidente del comitato per le celebrazioni del centenario di Puccini, ieri sera Veronesi si è presentato in scena con una benda nera sugli occhi e ha diretto così, per tutto il tempo l'opera.

Il motivo?

Perché il regista Christophe Gayral, con il supporto dello scenografo Christophe Ouvard, hanno ricollocato Bohème nel '68, durante il maggio francese... 

"Farò qualunque azione per impedire che venga rappresentata una Bohème in cui la scenografia rappresenta il Sessantotto. Lo faccio non contro il Sessantotto, ma a difesa di Puccini. Perché Puccini l’avrebbe guardata non capendola. Perché devono essere messe insieme cose che non c’entrano nulla? Perché si deve indulgere a questa deriva criminale di registi convinti di essere geni, che sono invece dei totali incapaci che fanno soltanto la storia loro perché non vogliono rispettare la storia vera?"

Così si era espresso Vittorio Sgarbi sull'allestimento. Un giudizio che il sottosegretario alla Cultura aveva ribadito a ridosso della prima con questa ulteriore dichiarazione:

"Mi auguro che un vero musicista come Alberto Veronesi, oltretutto presidente del Comitato promotore delle celebrazioni pucciniane, abbia la forza e l’orgoglio di non dirigere l’orchestra del Festival per una “Bohème” che, di regia sicuramente pregevolissima (Christophe Gayral) tradisce nelle scene pensate da Christophe Ouvrard ogni visione e spirito pucciniano".

È evidente che la Bohème "comunista" sia andata di traverso alla cultura fascista di cui Sgarbi e Veronesi si sentono paladini e portavoce. Se nell'opera si fosse celebrato il ventennio fascista, i due non avrebbero avuto nulla da obiettare... tutt'altro!

Per quanto riguarda gli allestimenti delle opere liriche, si è visto di tutto e di più. Alcuni esempi? Le nozze di Figaro rappresentate ai giorni nostri all'interno di un hotel americano o su un mezzanino di una casa a inizio '900... Ma di esempi di allestimenti, persino inimmaginabili, ce ne sono a centinaia... specialmente in Germania, dove si fanno un punto d'onore di non rappresentare un'opera - qualunque sia l'autore - nel suo contesto originale.

Quindi, figuriamoci se possa essere assurda una Bohème sessantottina... tutt'altro!

Ma Veronesi, invece di fare il direttore d'orchestra - ammesso che ne sia capace - e assecondare il lavoro di chi è andato in scena - cantanti, attori, comparse -, delle maestranze e degli orchestrali, ha preferito fare il politico allestendo la pagliacciata introdotta dal suo ingresso in scena bendato, gridando rivolto al pubblico: "Non voglio vedere queste scene".

La risposta di buona parte del pubblico?

"Buffone", "Scemo", "Vai via!", "Vergogna"... mentre alcuni spettatori, giustamente, se ne sono pure andati. Spero abbiano chiesto e ottenuto il rimborso del biglietto.

Ma non erano i fascisti, come spesso ripetono per supportare le loro "amenità", a sostenere che la politica non deve avere a che fare con la cultura?