Al Parlamento europeo, dopo lo scandalo Qatargate, hanno annunciato regole più severe su possibili conflitti d'interesse che riguardino gli eurodeputati, per evitare - nonostante le regole già in atto - che si ripetano casi simili a quello della ex vicepresidente Eva Kaili.
In Italia, finora, il problema non era stato posto, permettendo così ad un parlamentare italiano, Matteo Renzi, di fare conferenze e consulenze per un Paese straniero, l'Arabia Saudita, per poi promuoverne l'immagine come esempio di nuovo rinascimento.
L'Arabia Saudita è una nazione governata da un principe che non rispetta i diritti umani, oltre ad esser il mandante dell'assassinio di un giornalista e quello di numerose stragi in Yemen e non solo... tralasciando il supporto a gruppi terroristici.
A seguito di ciò, perché in Italia uno non dovrebbe interrogarsi sulla credibilità delle scelte di Renzi in Parlamento?
Se prende dei soldi, anche se fatturati, dall'Arabia Saudita, perché un italiano non dovrebbe sospettare che possa operare per favorire i sauditi, invece di tutelare gli interessi degli italiani? Perché un qualsiasi cittadino, che lo abbia votato o no, non dovrebbe sospettare o credere che il suo operare da senatore non sia condizionato dai soldi che ha ricevuto?
Solo perché lo dice lui?
E sarebbe questa la credibilità del Parlamento italiano, con deputati e senatori che fanno o possono fare i lobbisti per se stessi o per terzi, approfittando del loro ruolo di legislatori per cui vengono pagati mensilmente quanto molti italiani non riescono a guadagnare neppure in un anno?
Evidentemente no.
Ma Renzi, come ha più volte ricordato, della credibilità del Parlamento non se ne preoccupa, dichiarando che continuerà a fare quello che in altri Paesi è proibito finché non ci sarà una legge che glielo impedisca.
Forse lo ha ascoltato Giuseppe Conte che è primo firmatario della proposta di legge presentata dal Movimento 5 stelle alla commissione Affari costituzionali della Camera, in cui si chiede una revisione delle attuali norme sul conflitto d'interessi per includere anche delle "disposizioni concernenti il divieto di percezione di erogazioni provenienti da Stati esteri da parte dei titolari di cariche pubbliche".
Il testo prevede anche che la condotta contraria ai doveri del titolare della carica sia sanzionabile in rapporto alle erogazioni accettate sia durante lo svolgimento dell'incarico, sia nell'anno successivo alla cessazione dello stesso, in modo da evitare il fenomeno delle cosiddette "porte girevoli".
A quanto pare, la proposta sarà discussa in commissione in tempi stretti e l'approdo in Aula è previsto già per il mese prossimo.
Sarà interessante apprendere quale sarà in merito la posizione dei "calendiani" che insieme ai "renziani" formano uno stesso gruppo in Parlamento e sarà interessante anche osservare se la discussione potrà influenzare o meno la fusione tra Azione, il partito di Calenda, e Italia Viva, il partito di Renzi.
Prima delle ultime politiche, infatti, questo è ciò che Carlo Calenda diceva delle attività extraparlamentari di Matteo Renzi:
"Renzi faccia quello che gli pare. Vada in Arabia Saudita. ... [Renzi] non è all'ascolto perché è a Dubai a fa' una conferenza pagata. Quindi non è all'ascolto, perché non gliene po' frega' di meno di ascoltare. È in un Paese che, ringraziando Iddio, continua a dargli uno spazio mediatico spropositato, mentre lui va a guadagnare dei soldi, mentre è pagato dagli italiani con un gruppo di parlamentari che... parliamo d'altro!"