Visto che il ministero dello Sviluppo economico si è occupato di dar seguito all'accordo che ha consegnato ad ArcelorMittal gli impianti ex Ilva, è opportuno che sia lo stesso ministro Patuanelli a spiegare, per conto del governo, il perché la comunicazione di recesso inviata lunedì dall'azienda non sia credibile, oltre a non avere alcun titolo giuridico.


1 - Arcelor Mittal ha deciso di andarsene da Taranto, come dimostra la lettera di ieri, ancora prima della ristrutturazione della governance dell'azienda. Il compito del nuovo AD e dei nuovi dirigenti è di traghettare la proprietà indiana fuori dallo stabilimento;

2 - Il piano industriale dell'azienda è stato disatteso nei numeri, disatteso nella prospettiva di rilancio e non ha proiezione futura. Questo per via di errori macroscopici delle figure apicali e di contingenze macroeconomiche legate al mercato dell'acciaio: dazi, calo produttivo della Germania, rallentamento dell'automotive a livello internazionale;

3 - I numeri: ArcelorMittal avrebbe dovuto produrre, dal 2018 al 2023, 6 milioni di tonnellate annue e dal 2024 ben 8 milioni di tonnellate annue. In realtà, nel 2018 la produzione è stata di 4,75 milioni di tonnellate e il 2019 sarà caratterizzato da un lieve decremento. Questo comporta una perdita superiore ai 60 milioni di Euro al mese per l'azienda, nonostante l'attivazione della cassa integrazione a rotazione da luglio 2019 per 1395 persone;

4 - Il risanamento dei forni è gravemente in ritardo, questo perché l'azienda non è stata in grado di sistemare le criticità legate alla sicurezza e all'automazione;

5 - Come è stato ampiamente spiegato all'azienda, l'articolo 51 del codice penale già prevede che “l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità”. Si tratta del noto principio di non contraddizione. Visto che il piano ambientale è stato adottato con DPCM, le relative prescrizioni sono di carattere normativo. Dunque, il corretto adempimento delle stesse non può dar luogo a responsabilità. Detto questo, si può valutare l'inserimento di una norma di rango primario che espliciti questo principio già presente nel nostro ordinamento, come ho già dichiarato. Ma senza alcuna norma ad personam per Arcelor Mittal;

6 - Per dovizia: non esiste alcuna clausola di recesso legata al cosiddetto scudo penale. Esiste una clausola di recesso in caso cambi il piano ambientale (DPCM 29 settembre 2017, che ha integrato e modificato altro DPCM del 2014), cosa mai avvenuta;

7 - Questa notte è stato depositato da ArcelorMittal, presso il Tribunale di Milano, un atto di citazione nei confronti dei Commissari straordinari, sottoscritto da sette legali e composto da 37 pagine e 37 allegati. Questo a dimostrazione che da settimane, forse da mesi, l'azienda preparava l'abbandono dell'area;

8 - In ultima analisi: non permetteremo ad Arcelor Mittal di ricattare lo Stato italiano mettendo sul piatto oltre 5 mila esuberi. Gli impegni vanno mantenuti e i cicli produttivi in flessione possono essere accompagnati con strumenti di sostegno, non licenziando le persone. Specialmente quando un anno prima si è firmato un accordo per la piena occupazione.


L'incontro tra azienda e governo è slittato a mercoledì e le ore in più serviranno alle due parti per affinare gli argomenti a supporto delle rispettive posizioni.

Alcune considerazioni rimangono però da fare.

ArcelorMittal, al di là dell'intenzione manifestata di recedere dai propri impegni, ha in questi 12 mesi effettuato investimenti negli impianti di Taranto, per iniziare a mitigare l'impatto ambientale sulla città e sul territorio limitrofo.

Possibile che dopo investimenti di tale portata, con l'inizio della copertura del parco minerario, ArcelorMittal voglia realmente andar via dall'Italia?

L'accordo del 2018 vide lo Stato spettatore. L'abilità dell'allora ministro Di Maio fu quella di far trovare un'intesa tra azienda e sindacati, prima che scadesse la prelazione di ArcelorMittal per formalizzare il contratto d affitto/acquisto dell'ex Ilva.

L'azienda indiana, allora, parve cedere sui dipendenti, rinunciando a definirne una parte come esuberi... ostacolo su cui anche la trattativa portata avanti dal ministro Calenda si era arenata.

La sensazione è che adesso gli indiani vogliano arrivare ad una riduzione del personale pensando di avere dalla propria parte le carte per farlo con una mano addirittura servita, rappresentata dal venir meno - secondo loro - del cosiddetto scudo penale.

Il governo dovrà affrontare la "battaglia" per giustificare la propria posizione non solo avendo contro ArcelorMittal, ma anche Confindustria, sindacati, opposizione e il partito dal doppio ruolo di governo/opposizione rappresentato da Italia Viva... senza dimenticare che sullo sfondo vi  il destino dei livelli occupazionali di Taranto, di Genova e dell'indotto... oltre al fatto che il Pil dell'Italia non può permettersi la chiusura di quella acciaieria.

Una bella sfida per Conte e i suoi ministri.