Ciclicamente in Italia torna la necessità di produzione di energia elettrica usando il nucleare a fissione. L’argomento è stato trattato più volte in passato chiedendo il parere agli italiani attraverso due referendum che hanno confermato entrambi la disapprovazione della scelta .
Nel primo datato 1987 la decisone fu devastante perché indirettamente e forse senza capirlo gli italiani autorizzarono
- l’uso di combustibili fossili come l’olio BTZ e il carbone senza alcun controllo sulle emissioni;
- un danno economico per il paese derivante dalla cancellazione di ordini in corso di esecuzione e dalla chiusura di centrali funzionanti (pagato ancora oggi negli Oneri di Sistema delle bollette elettriche);
- la dismissione di capacità e qualifiche di alto livello per progettazione, costruzione, conduzione e produzione del combustibile;
- Il secondo fu la conferma dei “no“ anche perché il nucleare in Italia era completamente sparito e si stava alimentando la speranza di potere risolvere il problema con il “100%“ delle altre rinnovabili.
Oggi è ormai evidente che la crescita delle altre rinnovabili è limitata:
- al fotovoltaico che presenta una certa vitalità ma presto raggiungerà la saturazione delle superfici disponibili visto anche il recente divieto delle installazioni a terra;
- alla modesta crescita dell’eolico che è ancora alla ricerca sul dove poter essere installato;
- alla non crescita delle idrauliche che sarebbero la soluzione più “green” del problema ma sono sgradite per l' impatto ambientale;
- Rimane per esclusione la produzione di energia per via termica ma usando il combustibile nucleare e la relativa reazione di fissione che è l’ unica provata e disponibile a livello industriale.
Ci sono vantaggi:
- zero emissioni verso l’ambiente;
- fattori di capacità superiori al 90% ( per il solare e l’eolico sono sotto il 20%);
- diversificazione e autonomia produttiva del combustibile;
- minor costo dell’ energia generata;
- lunga vita produttiva degli impianti (oggi estesa a 50 anni);
e svantaggi:
- lunghi tempi di costruzione;
- produzione delle scorie radioattive;
- resistenze locali sui siti di installazione.
I vantaggi sono delle certezze , gli svantaggi sono problemi gestibili e risolvibili come fatto e in corso per i 437 reattori nucleari oggi funzionanti nel mondo e i circa 60 in corso di costruzione quindi è possibile riproporre questa scelta che richiede però alcuni passaggi obbligati :
- la riscrittura e l’ approvazione in Parlamento di una legge che definisca “chi fa , che cosa “ed i relativi iter autorizzativi;
- il “sì“ referendario degli italiani per verificare la fattibilità attuale e superare i precedenti due “no“;
- l’identificazione di dove , quali e quante centrali si vuole istallare;
- la scelta del produttore degli impianti che, vista la dismissione totale delle nostre capacità, dovrà fare progettazione, costruzione dei componenti critici, montaggio e primo avviamento
- la ricostituzione dell’ente di controllo per valutarne la sicurezza e la qualità di esecuzione;
- il reperimento dei finanziamenti che per questo tipo di impianti sono importanti;
Per attuare tutto quanto sopra descritto sommariamente è ragionevole ipotizzare un decennio inteso come tempo necessario da oggi all’ invio dell’ energia prodotta verso la rete nazionale. Se invece si vuole riattrezzare il paese per la progettazione, la costruzione ed il montaggio in autonomia allora i tempi si allungano ulteriormente e di molto .
Si tratta quindi di una decisione strategica che presuppone una previsione sull’ andamento della domanda che potrebbe collocarsi tra i due estremi di :
- forte crescita a seguito del passaggio massivo alla “ green- motion “ (auto e mezzi pesanti alimentati o al 100% in elettrico o a idrogeno che richiede grandi quantità di energia elettrica per produrlo ) e al subentro completo delle pompe di calore alle caldaie tradizionali degli impianti di riscaldamento
- attuale lenta decrescita ( 340 TWh nel 2007 – 306 TWh nel 2023) derivante dai minori consumi dovuti al calo demografico ,all’ incremento della povertà ,alla riduzione della produzione industriale e al risparmio energetico oggi predominanti sugli altri piccoli aumenti.
E qui si arriva al dubbio non sulla scelta ma sulla quantità.
Nel primo caso il nucleare nonostante i lunghi tempi di realizzazione è senz’altro utile perché’ nel breve e periodo farebbero fronte le termiche oggi ampiamente sottoutilizzate , sul lungo il subentro delle “nucleari” porterebbe alla dismissione di molte “termiche” e alla riduzione drastica delle emissioni. Nel secondo caso la diminuzione della domanda riduce l’ uso delle “ termiche “ con la conseguente riduzione automatica delle emissioni visto che dalle rinnovabili si preleverà sempre il 100% e quindi , tra dieci anni , ci si potrebbe trovare di fronte ad un pesante esubero produttivo e ad enormi investimenti che non si ripagano o che non servono.
La soluzione potrebbe essere trovata nelle mini- nucleari dette anche nucleari “ tascabili “ , veloci da costruire e da installare che oggi sono ancora i fase di certificazione sulla sicurezza , sembra accertata una maggior produzione di scorie radioattive e soprattutto serve un periodo di prova di alcuni anni per le prime installazioni.
La decisone non è banale e forse la migliore è l’ attesa di vedere che cosa accadrà nel breve periodo anche perché’ potrebbe configurarsi una situazione della domanda intermedia tra le due ipotizzate sopra .In tutti i casi è comunque necessario verificare il cambiamento di opinione degli italiani sul nucleare che non è scontato e l’ eventuale terzo “no” sarebbe tombale per questa scelta.