Renzi ha pubblicato un articolo in cui esalta, difficile credere altrimenti, la sua azione di governo, perché il 2015 "ha visto l’approvazione di leggi attese da molto tempo". Senza il minimo pudore, Renzi fa seguire questa affermazione dalle parole "articolo 18". Non è necessario leggere oltre... è chiaro che l'articolo non può che essere una provocazione ed un insulto all'intelligenza. Come è possibile che milioni di lavoratori dipendenti non attendessero altro che i diritti garantiti loro da uno statuto di primi anni '70 venissero completamente aboliti? Quindi inutile controbattere punto per punto le mirabilia renziane, perché non sono supportate da alcuna argomentazione logica, che possa avere un minimo di credibilità. Per far ritornare il premier con i piedi per terra, è allora utile ricordare un articolo pubblicato oggi dalla CGIA di Mestre che afferma che per l'Italia il ritorno alla situazione pre-crisi non potrà avvenire prima del 2020. Ma dato che la CGIA di Mestre non voleva affondare il coltello nella piaga dell'assenza di provvedimenti concreti per la crescita e voleva far sembrare la previsione quasi come possibile, vale la pena sottolineare due aspetti del report. Il primo è che il 2020 è un anno ipotetico, perché l'obiettivo potrà essere raggiunto solo se nei prossimi anni il PIL crescerà stabilmente del 2% all'anno, ipotesi quanto mai incredibile dato che ciò non accade da decenni. Il secondo aspetto riguarda la carenza di investimenti pubblici che tra il 2007 e il 2014 sono scesi di 109,4 miliardi di euro. Ma se il pubblico non investe ed il privato non ha soldi e crediti per farlo, come l'Italia potrà crescere e come potrà farlo ad un ritmo del 2%? Quindi, per ritornare ai livelli pre-crisi dovremo attendere ben oltre il 2020.