Mercoledì si è tenuto a Palazzo Chigi un vertice di maggioranza per discutere dell'agenda di governo dei prossimi mesi, a partire dalla costruzione della legge di bilancio.

Nel corso della riunione, secondo quanto hanno riportato alcune agenzie, è stata ribadita la compattezza della coalizione, senza però scendere nel dettaglio della legge di bilancio, di cui è stata ribadita la ristrettezza dei margini di manovra. La maggioranza tutta, comunque, ne condividerà il percorso.

Tradotto nella sostanza, quello che è accaduto si può riassumere in questi termini.

Meloni ha fatto presente che i conti dell'Italia stanno peggiorando, il deficit è in aumento e che non ci sono soldi per fare nulla, escludendo la spesa corrente. 

Che cosa hanno deciso allora? Che oltre a raccontare che la colpa di tutto è da attribuire al Superbonus e a Conte, i parlamentari della maggioranza dovranno anche dire, coram populo, che un governo dura cinque anni e che va giudicato per quello che fa in una legislatura e non nella legge di bilancio del 2023. Insomma, non potete criticarci oggi per quello che non faremo, ma lo dovrete fare - nel caso - solo tra qualche anno, a fine legislatura.

Insomma, il vertice che si è svolto ieri è stato soprattutto un vertice per concordare un messaggio comune per giustificare le mancate promesse elettorali nella legge di bilancio 2023... dei cui contenuti i partecipanti non hanno discusso.

Perché? Perché mancava il ministro delle Finanze Giorgetti, quello che deve stabilire quanti (pochi) siano i soldi a disposizione.

L'altra lettura che si può dare all'assenza nella riunione è che il titolare del Mef non abbia voluto far volare tavole e carte per spiegare a Salvini e Meloni, ma soprattutto al primo, che non c'è un euro da spendere e che per i pochi a disposizione bisogna fare delle scelte precise, rimandando opere che al momento non è possibile finanziare,  nonostante gli annunci fatti... come il Ponte sullo Stretto.