Hillary Clinton si è assicurata la nomination del partito Democratico per la corsa alla presidenza degli Stati Uniti nel prossimo mese di novembre, grazie alla vittoria riportata in quattro (California, New Jersey, New Mexico, Sud Dakota) dei sei stati in cui si è votato nella giornata di ieri. Il suo avversario Bernie Sanders si è aggiudicato Montana e Nord Dakota.
In realtà, già lunedì, secondo l'agenzia di stampa Associated Press, Hillary Clinton avrebbe avuto i 2.383 delegati necessari alla nomination, sommando a quelli ottenuti con le primarie già disputate i superdelegati, cioè gli esponenti del partito che possono designare un candidato a loro discrezione.
Questi ultimi potrebbero sempre cambiare idea ed è su questo che conta Sanders, deciso ad andare avanti ed a fronteggiare la sua avversaria anche nelle ultime primarie, quelle che si terranno martedì prossimo a Washington, nel Distretto di Columbia.
Il senatore del Vermont sostiene che i conti si dovranno fare alla convention di Philadelphia. Uno degli argomenti che metterà sul piatto della bilancia sarà la sua maggiore efficacia contro Trump, ormai certo candidato del partito Repubblicano. Molti sondaggi, infatti, vedrebbero la Clinton perdente in un confronto con Trump.
Finalmente una donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti! E' questo il tenore dei commenti di quasi tutta la stampa. Sarebbe più esatto dire "di nuovo un parente". Eh sì, perché sembra che la più grande democrazia del mondo, quando si tratta di ricoprire la carica più importante, non sappia prescindere dai legami familiari: padre e figlio nel caso di Bush, marito e moglie nel caso della Clinton. L'uccisione di Robert Kennedy ha evitato anche il caso che fossero due fratelli a diventare presidenti.
Nel paese delle pari opportunità, sembrerebbe registrarsi qualche disparità e che qualcuno di opportunità ne abbia più di altri. Del resto non può che riproporsi la situazione che si ha in campo economico, dove l'1% della popolazione detiene il 95% della ricchezza.
E' così anche in politica.Non sempre si tratta di rapporti di parentela, ma sicuramente le nomine alle più alte cariche riguardano una stretta cerchia di persone, che godono anche di un alto reddito, condizione necessaria a finanziare le spese elettorali. Quindi, non di democrazia bisognerebbe parlare, ma di oligarchia o plutocrazia.
Accanto alla soddisfazione di vedere finalmente una donna candidato alla Casa Bianca, non possiamo, dunque, evitare di chiederci quanto abbia significato il fatto che questa donna non sia una donna qualsiasi, ma la moglie di un ex-presidente degli Stati Uniti, che durante il mandato del marito ha potuto costruirsi una rete di rapporti che l'hanno portata dove è arrivata oggi, prima al Senato e poi alla candidatura per la presidenza. Altre donne avrebbe avuto le stesse possibilità?