Nella riflessione di Sopoćko sulla Chiesa troviamo un’osservazione rilevante: 

«Ecco il mistero della Chiesa, che nel senso più profondo del termine è l’opera di Dio con la sua edificazione. Se dovessimo provocare un danno in qualche posto dell’edificio, lì scoppierebbero il fuoco e la maestà dello Spirito Santo il quale, essenzialmente e profondamente, è unito alla Chiesa»[1]. 

 Dal testo citato si desumono due elementi fondamentali e inseparabili dell’ecclesiologia del teologo polacco: lo Spirito Santo e la Chiesa che formano un edificio santo e maestoso. Costatiamo che la santificazione nel Corpo Mistico di Cristo avviene tramite lo Spirito Santo, che è l’anima della Chiesa. Tutti quelli che fanno parte della Chiesa si trovano sotto una protezione particolare, sottoposti all’azione e alla guida dello Spirito Santo[2]. «In verità, in verità ti dico che, se uno non è nato dall’acqua e dallo Spirito non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5). 

La Chiesa, nell’amministrazione dei sacramenti, consegue e svela l’unico scopo fondamentale, che da loro scaturisce: far diventare simili a Cristo, attraverso il soffio dello Spirito, concedere a tutti la vita soprannaturale e gradualmente trasformare in Lui[3]. Effettivamente, la base della vita soprannaturale è la grazia santificante, su cui si concentra il principio dell’efficacia di tutti sacramenti[4]. Alcuni di essi, poi, producono il cosiddetto carattere indelebile, che permette di accedere alla tridimensionale dignità di Cristo: “il cittadino del Regno di Dio”, con il battesimo, “il soldato di questo Regno” con la cresima e il sacerdozio ministeriale di Cristo. Il terzo risultato dell’opera sacramentale è la moltiplicazione e l’aumento di tutti i doni, delle virtù soprannaturali, che trovano l’unica sorgente nella grazia santificante. Il quarto risultato si consegue nelle grazie particolari, che rafforzano il cristiano e sono necessarie nelle situazioni dei vari stati di vita. Lo Spirito Santo stesso è il primo artefice maestoso e l’autore operativo dell’efficacia di tutti i doni soprannaturali[5]. 

Dunque, ci piace segnalare che anche Bulgakov, un autore sconosciuto a Sopoćko, dice: 

 «la vita in Cristo è illuminazione, dono dello Spirito Santo, dal quale l’uomo rinasce spiritualmente. Insomma parlando in generale, la divinizzazione ha già inizio nella Chiesa militante, procurando all’uomo l’esperienza di una dualità di nature, dove l’eternità divina è presente insieme con il divenire creaturale»[6].

  Il Concilio Vaticano II invece, aggiunge che la Chiesa è sacramento del Cristo glorificato, perché il fuoco dello Spirito da Lui inviato abita in essa. Essa è quindi «un’unica realtà complessa, fatta di un duplice elemento, umano e divino, e perciò, per una non debole analogia, può essere paragonata al mistero del Verbo Incarnato» (LG 8). 

Sopoćko sostiene che nella costituzione Lumen Gentium si trova la continuità delle Encicliche Satis cognitum di Leone XIII e Mystici Corporis di Pio XII. Il Nostro tiene presente però, che la costituzione contiene diverse idee, osservando particolarmente come l’umanità creata è servita al Verbo divino come vivo organo di salvezza, non “dissimili modo”, l’organismo sociale della Chiesa, che sta al servizio dello Spirito di Cristo. Bisogna sottolineare che Sopoćko pone l’accento non tanto sul fatto dell’unione tra i due elementi, quanto sul carattere di “segno e strumento” dell’elemento visibile. Come il Padre invisibile si è fatto visibile nella “carne” di Cristo, così lo Spirito di Cristo si fa visibile nella comunione dei credenti[7].

Occorre valorizzare che il concetto di Chiesa come realitas complexa non ha bloccato il teologo polacco, ma l’ha portato alla scoperta degli argomenti che saranno ben illustrati nel testo del Vaticano II con tre diverse coppie di concetti: società gerarchica e corpo mistico di Cristo; assemblea visibile e comunità spirituale; Chiesa della terra e Chiesa in possesso dei beni celesti. Gli elementi umani e divini sono intrinsecamente legati gli uni agli altri. Se fossero semplicemente giustapposti, essi non avrebbero nessuna unità. Per Sopoćko, tra di loro esiste un’unione indissolubile, che si può giustamente paragonare al mistero del Verbo Incarnato. Se l’accento è posto sulla funzionalità dell’elemento visibile (sacramentum), il primato è dato alla realtà interiore, alla presenza dello Spirito nella res et sacramentum, che pongono efficacemente i credenti in relazione con la res (l’autodonazione di Dio)[8].

A questo punto, possiamo affermare che l’inabitazione dello Spirito nella Chiesa ha per essa conseguenze straordinarie. Se, appunto, l’opera dello Spirito può essere sintetizzata dai termini “dono prezioso della vita” e “comunione”, anche la Chiesa, in quanto sacramento, ha la sua specificità nell’essere “datrice di vita”, “fonte di comunione”. Osserviamo che i due termini hanno lo stesso significato, dal momento in cui la vita divina donata dallo Spirito è una vita di comunione tra persone. La Chiesa, dunque, come sacramento dello Spirito, è il segno e lo strumento «dell’intima unione con Dio misericordioso e dell’unità di tutto il genere umano»[9]. Sopoćko si sforza di chiarire che la comunione nello Spirito si esprime necessariamente nella comunità visibile della Chiesa, questa si costituisce sulla base di rapporti visibili tra i credenti e gode di strutture e strumenti, attraverso i quali si trasmettono al mondo il messaggio e la grazia di Cristo. Tale comunità visibile è il sacramentum della comunione nello Spirito: ne è cioè la manifestazione che la svela presente nella storia degli uomini[10].

Per concludere e completare il pensiero del Nostro sul mistero della Chiesa, vale la pena riportare un altro testo significativo scritto alle suore della congregazione, fondata proprio da lui: 

 «Questo è l’aspetto più importante che dovrebbe diventare il principale oggetto dei nostri sforzi: Il Signore Dio rifiuterà colui che violenta la Chiesa di Dio, grida il profeta; mediante il voto la nostra anima e il nostro corpo diventano la Chiesa di Dio, la dimora dello Spirito Santo. Mediante il voto di castità, che pronuncerete, diventerete il tempio del Signore. Poiché a Maria, tempio vivo, Dio diede il privilegio di essere l’Immacolata Concezione, pensate quanto voi, quali spose del Salvatore, dovete cercare di rimanere intatte nei pensieri, nelle parole e nelle azioni. Bisogna rigorosamente evitare  le occasioni e le tentazioni e combatterle con tranquillità, però con decisione, fin dall’inizio, dicendo subito: Gesù, confido in Te nella condizione in cui vi trovate al momento. È difficile precisare l’oggetto dei voti di povertà, obbedienza e pratica della misericordia, perciò vi basti effondere una promessa. Anch’essa tuttavia deve essere praticata seriamente, perché riguarda Dio»[11].

Don Gregorio - prof. ks. dr Grzegorz Łydek


[1] M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. III, p. 27.
[2] Cf. ibidem, p. 28.
[3] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga w Jego  Miłosierdziu, p. 120.
[4]  Notiamo che gli scrittori dei primi due secoli esitano a chiamare misteri i riti cristiani, per paura di confonderli con quelli pagani. Preferiscono invece qualificare in questo modo i singoli elementi della storia della salvezza, rischiando però di perdere l’ampiezza paolina del concetto. In questo primo periodo della riflessione cristiana, avviene la traduzione del termine greco in quelli latini di “misterium” e di “sacramentum”. Sembra che “misterium” indicasse di preferenza il disegno di Dio, i misteri della vita di Cristo e gli annunci teologici dell’Antico Testamento, e che “sacra­mentum” invece si riferisse alla dimensione rituale di entrata nella comunità degli eletti. Il primo che, prendendolo dal linguaggio pagano, carica “sacramentum” di significato cristiano, è Tertulliano. Egli chiama sacramenti alcuni riti cristiani (Battesimo, Eucaristia), a proposito dei quali introduce il parallelismo “caro”‑ “spiritus”. “Sacramentum” acquista così la connotazione di qualcosa di “visibile” che “simbolizza” l’azione invisibile di Dio: cf. Y. Congar, Credo nello Spirito Santo, vol. II, Brescia 1982, p. 107; G. Finkenrath, Mistero-μυστέριον, p. 1013. 
[5] Ibidem, p. 120.
[6] S. N. Bulgakov, L’Agnello di Dio - Il Mistero del Verbo Incarnato, Città Nuova, Roma 1990, p. 259.
[7] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. III, pp. 10-15.
[8]  Ibidem, p. 18. Consideriamo che la teologia del sacramento inizia proprio con Agostino. Per lui, il sacramento è un segno, e il segno è quella cosa che, oltre all’immagine che provoca nei sensi, fa venire in mente un’altra cosa diversa da sé (De doctrina christiana, PL 34, 35). Nel sacramento, perciò, tra il gesto rituale e l’azione santificatrice di Dio c’è il tipico rapporto che intercorre tra il segno e la realtà significata: un rapporto insieme di distinzione e di unità. Nel contesto culturale platonico del “simbolo reale” questa spiegazione era esauriente. Infatti, rispondeva a quel sistema filosofico la concezione che la realtà superiore (“le idee”) esprimesse se stessa, fosse presente ed agisse in quella inferiore (“ombra”). Però, più ci si allontanava geograficamente e crono­logicamente dal neoplatonismo, più risultava problematica l’impostazione di Agostino. Due secoli più tardi, Isidoro di Siviglia introduce la nozione di “virtus” per garantire l’operatività della potenza divina sotto il velo delle cose visibili: cf. E. Ruffini, Sacramentaria, in NDT, Paoline, Alba 1977: G. Finkenrath, Mistero-μυστέριον, p. 1014.
[9] J. Guillet, Lo Spirito di Dio, in Dizionario di Teologia biblica, Marietti, Genova 1994, pp. 1232-1243.
[10] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga w Jego  Miłosierdziu, p. 27: Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. III, pp. 26-29.
[11] M. Sopoćko, Tutto è compiuto, p. 5.