Il quotidiano La Repubblica ha riportato le motivazioni di una sentenza della Corte d'Appello di Ancona, firmata da tre giudici "donne" su un caso di stupro in cui due giovani condannati in primo grado a 3 e 5 anni per violenza sessuale sono stati assolti.
Perché il caso merita di essere riportato tra le vicende di cronaca? Perché nella sentenza i tre giudici donna hanno dichiarato che "in definitiva, non è possibile escludere che sia stata proprio Nina a organizzare la nottata goliardica, trovando una scusa con la madre, bevendo al pari degli altri per poi iniziare a provocare Melendez (al quale la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo di Nina Vikingo, con allusione a una personalità tutt'altro che femminile, quanto piuttosto mascolina, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare) inducendolo ad avere rapporti sessuali per una sorta di sfida".
In pratica, secondo i tre giudici donna, la ragazza era troppo mascolina e poco avvenente. Pertanto, è poco credibile che sia stata stuprata ed è più probabile che si sia inventata tutto.
Motivazioni in cui, successivamente, la Cassazione ha rinvenuto alcune incongruenze e vizi di legittimità, sentenziando così che il processo di appello debba essere celebrato di nuovo, perché in base a quanto La Repubblica riporta, "leggendone il testo sembra che a influire sulla decisione delle tre magistrate sia stato proprio l'aspetto fisico della donna" che è stata vittima di violenza sessuale.
Possibile che tre giudici possano scagionare due imputati dal reato di violenza sessuale perché la vittima è brutta o, perlomeno, non sufficientemente avvenente? In base a quanto accaduto ad Ancona parrebbe di sì.
Ed i tre giudici, va ripetuto ancora una volta, erano donne.