"Draghi è stato di parola, mercoledì credo non sarà semplice ricomporre la maggioranza di governo. Serve un atto di maturità da parte del partito padronale di Conte. Il partito di Conte ha deciso di anteporre le proprie bandierine alla sicurezza e all’unità nazionale".

Questa la più recedente dichiarazione, ripresa dalle agenzie, da parte del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, rilasciata prima di aprire i lavori dell'evento "Dieta Mediterranea Strumento di Diplomazia", organizzato alla Reggia di Caserta.

È tutto vero... a partire dall'evento. Andiamo per ordine.

Di Maio indica come padronale il "partito di Conte". Sta parlando dell'attuale Movimento 5 Stelle dove le decisioni vengono prese, quando non si consultano gli iscritti, in un Consiglio nazionale. 

In precedenza, quando il Movimento non era padronale, almeno secondo Di Maio, le decisioni venivano prese in un'azienda privata, prima da Casaleggio padre e, una volta deceduto, da Casaleggio figlio... con Di Maio che subito eseguiva gli ordini senza aprir bocca, eccetto che per dire sissignore oppure espellere chiunque si fosse azzardato anche solo a dire "ma"... 

Rendersi ridicoli è comprensibile quando c'è di mezzo la sopravvivenza, ma a tutto c'è un limite.

Ed in parte, riesce a comprenderlo persino Di Maio e chi lo consiglia. Veniamo così al secondo punto... la sua presenza social. Il loquacissimo ministro degli Esteri ha rinunciato ad utilizzare le sue pagine social per diffondere le sue perle di saggezza draghiana. Il motivo? Perché verrebbe deriso per quanto ha detto e scritto in passato. 

I suoi ex sostenitori lo attendono al varco e non avendo la possibilità di rinfacciargli la sua ipocrisia sui nuovi post, lo fanno su quelli già pubblicati in precedenza. Una sequenza di battute più che godibile, perché priva di insulti, ma ricca di promemoria. Da consultare.

Infine, la terza considerazione. Di Maio ha lasciato il Movimento 5 Stelle perché nella prossima legislatura non gli sarebbe stata garantita una poltrona. L'unica speranza per mantenerla era fare il servo sciocco di Draghi separato dai pentastellati, in modo da garantirsi un posto in una qualunque lista che lo avesse imbarcato per riconoscenza, dopo aver dimostrato però, dopo un congruo periodo di decantazione, che lui era ormai diventato un perfetto democristiano. 

Nel caso in cui si dovesse andare al voto adesso, Di Maio rischierebbe di rimanere fuori dai giochi, con un partito che al momento neppure esiste. 

Bisogna umanamente comprenderne l'attuale disperazione, per il timore che Mattarella possa sciogliere la Camere.