«Io devo rispettare e fare i conti con la coscienza. Il progetto centrista di Alfano non lo condivido. Non mi sento attaccato alla poltrona o a posti di prestigio e lascio il mio ruolo da capogruppo perché non sono in linea con un’operazione che mi appare più da Palazzo che da territorio e non manifesta il nostro posizionamento e identità di centrodestra».
Con queste parole pronunciate questa mattina in una conferenza stampa al Senato, Renato Schifani ha annunciato le proprie dimissioni da capogruppo di Area Popolare, che raccoglie i senatori di NCD e UDC. Rispondendo poi alle domande dei giornalisti presenti, Schifani non ha neppuro escluso a priori di abbandonare il gruppo e, di conseguenza, il partito.
Nei giorni scorsi, Schifani è stato ad Arcore a trovare Berlusconi, ancora convalescente dopo l'intervento al cuore di qualche settimana fa.
La legge elettorale con il premio di maggioranza non da condividere tra i partiti della coalizione ma assegnato solo a quello che avrà ottenuto più voti, il tramonto dopo i risultati delle Amministrative 2016 dell'idea di un Partito della Nazione che potesse includere al suo interno tutti i gruppuscoli nati dalla disgregazione di Forza Italia, non potevano non causare le fibrilazioni che ultimamente caratterizzano la scena della politica interna italiana.
Tra queste, vanno segnalate le peripezie del viceministro dell'Economia Zanetti per ufficializzare la posizione di Verdini e del suo gruppo dentro la maggioranza di Governo e le dichiarazioni del segretario UDC Cesa che ha schierato il partito dalla parte del fronte del No al prossimo referendum su cui gli itaiani saranno chiamati a confermare o meno la riforma della Costituzione.