Oggi si vota anche in Svizzera. Si tratta di un referendum che deve decidere sull'introduzione di un reddito di cittadinanza del valore di 2500 franchi svizzeri, pari a circa 2250 euro, per ogni adulto e di 625 franchi svizzeri (circa 560 euro) per ogni minore.

La definizione adottata dai proponenti del referendum è reddito base incondizionato, che dovrebbe essere garantito ad ogni cittadino svizzero e ad ogni persona residente legalmente nel paese, a prescindere dal suo reddito e dal fatto che abbia o meno un lavoro.

L'idea dietro la proposta è quello di consentire alle persone di decidere quello che vogliono fare della loro vita, senza essere costrette a fare delle scelte motivate da necessità economiche.

Naturalmente, il progetto ha suscitato reazioni contrastanti. Il governo svizzero e quasi tutti i partiti si sono detti contrari. Secondo gli ultimi sondaggi i contrari alla proposta sono il 71%, mentre i favorevoli hanno raggiunto il 20%, una percentuale certamente bassa, ma comunque doppia rispetto a quanti, in genere, si dichiarano favorevoli alle proposte oggetto di referendum.

Si stima che siano necessari 25 miliardi di franchi svizzeri ( circa 22,5 miliardi di euro) per coprire i costi, cosa che comporterebbe tagli alla spesa e un forte aumento delle tasse.

I fautori del referendum, da parte loro, sostengono che il reddito incondizionato potrebbe andare a sostituire una serie di altri programmi di assistenza sociale e potrebbe essere finanziato con un lieve aumento delle imposte o con una tassa sulle transazioni elettroniche.

La critica più diffusa è quella che le persone, una volta che disporranno di un reddito garantito, non avranno più motivazioni per cercarsi un lavoro. Secondo altri, questo non avverrebbe, perché le persone tendono ad essere istintivamente produttive.

Alcuni lo definiscono un sogno marxista, ma in realtà il primo a parlare di un reddito per tutti fu Tommaso Moro, che nel 1516 lo propose nel suo L'Utopia per ridurre i furti. E una decina di anni più tardi, un suo amico, Juan Luis Vives, redasse una proposta dettagliata che sottopose al sindaco di Bruges, che la adottò per la comunità fiamminga di Ypres.

Nell'Inghilterra elisabettiana, le "poor laws" garantivano lavoro a chi non riusciva a trovarselo da solo. E nel 1748 lo stesso Montesquieu, nel suo "L'Esprit des Lois", scriveva che una nazione deve ai suoi cittadini una sicura sussistenza, cibo, vestiti e una condizione di vita che non ne mini la salute.

Sostenitori di un reddito minimo, furono alla fine del XVIII secolo anche fautori dei diritti naturali come Thomas Spence e Thomas Paine, che lo vedeva come un aiuto per i vecchi e i genitori di bambini piccoli. E anche Condorcet, uno degli enciclopedisti, si fece sostenitore di una forma di assicurazione sociale per combattere povertà e diseguaglianza.