Il verdetto è arrivato chiaro come il sole: No quorum, No crisi di governo. Malgrado i tentativi dell’opposizione di trasformare la consultazione referendaria in una trappola politica, Giorgia Meloni esce da questo appuntamento più stabile che mai.
Il tentativo, neanche troppo velato, era quello di costruire un “effetto Renzi” al contrario. Si sperava che un’ondata di Sì – almeno cinque, come indicato dai partiti di centrosinistra – potesse incrinare la tenuta dell’esecutivo, delegittimarlo, metterne in discussione la leadership. Ma non è andata così. E non poteva andare così. Non questa volta.
A differenza di Matteo Renzi nel 2016, Giorgia Meloni ha avuto l’intelligenza politica di non personalizzare il referendum. L’ex premier, lo ricordiamo, fece dell’approvazione della sua riforma costituzionale una sorta di plebiscito sulla sua persona. Pagò caro quell’azzardo, dimettendosi poche ore dopo la sconfitta. La Meloni, invece, è rimasta alla finestra, lasciando che la dialettica sul merito dei quesiti – tra cui l’abrogazione di parti del Jobs Act, simbolo renziano per eccellenza – seguisse il suo corso senza coinvolgere direttamente il governo.
Il risultato? Il fallimento del quorum. Non ha votato il 50% + 1 degli aventi diritto. E quindi, tecnicamente, la volontà espressa dai votanti, in ogni direzione, resta congelata. Politicamente, però, il messaggio è chiaro: gli italiani non hanno creduto che questo fosse il momento o il mezzo per cambiare. E sicuramente non per cambiare il governo.
Il cavallo di Troia preparato dalle opposizioni, che speravano di infilare una crisi politica dentro un quesito referendario, si è rivelato un flop. L'operazione non ha generato né entusiasmo popolare né scossoni istituzionali. Il Paese, evidentemente, non ha voluto prestarsi al gioco.
In definitiva, la strategia dei “sinistri” – per usare una definizione ormai entrata nel linguaggio politico della destra – ha mostrato i suoi limiti. La Meloni, al contrario, ha mostrato di aver imparato dagli errori dei predecessori: rimane a Palazzo Chigi, più solida e, forse, più consapevole della sua posizione.
La politica non si fa solo con i numeri, ma con il tempismo, la misura e la capacità di leggere il Paese.
E questa volta, la leader di Fratelli d’Italia, ha dimostrato di saper leggere meglio di tutti gli altri.
Il referendum doveva cambiare tutto. Non ha cambiato nulla. Anzi: ha rafforzato ciò che già c’era.