Meglio battere il ferro finché è caldo. Così, venuta a galla l'ennesima questione che allarga il solco dell'alleanza di governo tra Lega e 5 Stelle, che stavolta ha per tema le "Province", Luigi Di Maio ha pensato bene di dover calcare la mano sull'argomento, cercando di descrivere la Lega come il partito delle poltrone.

L'occasione era ghiotta e la necessità di recuperare consensi impellente in vista del voto per le europee. Così perché non sottolineare agli italiani, a quelli più distratti, la finalità vera a cui mira la Lega con il "ripristino" delle Province, anche se in realtà non erano mai scomparse del tutto dato che sono previste nella Costituzione.

«Questa storia delle Province mi sembra assurda. Io altre 2500 poltrone in più dove i partiti possono piazzare i loro amici non le voglio», ha scritto Di Maio su Facebook. «Nel progetto complessivo di governo non ha proprio senso aprire 2500 poltrone nuove, peraltro pagate con i soldi degli italiani. È una cosa che non permetteremo. Non mi va giù».

Ma non dovrebbero migliorare lo stato del territorio di competenza? Non secondo Di Maio: «Non si aiutano certo rimettendo in piedi un vecchio carrozzone e tirando fuori dal cilindro altri assessori, altri consiglieri, altri presidenti. Ma per favore, non prendiamoci in giro!

Già me la immagino la corsa di certe volpi a piazzare amici, amichetti e portatori di voti.  Lo Stato ha l’obbligo di assicurare i suoi servizi ai cittadini. Per le tasse che pagano gli italiani, le scuole dei loro bambini dovrebbero già stare in piedi ed essere pulite, non è che si può dire alle mamme "te le metto a posto regalando altri 2500 incarichi politici"».

Questione chiusa dunque: «Quelle 2500 poltrone in più con il MoVimento 5 Stelle non passano. No ad altri serbatoi clientelari, no ad altra burocrazia. Bisogna semplificare le cose, non complicarle!»

Poi, Di Maio conclude, facendo ricorso al surreale: «Al governo siamo in due, le cose si fanno in due e sono sicuro che riusciremo a trovare un punto di incontro. Andiamo avanti con il cambiamento, quello vero!»

Dopo aver attaccato l'alleato Lega su un provvedimento che non prevede possibilità di accordo, visto che far funzionare le Province come nel passato lo fai o non lo fai, Di Maio parla di compromessi, cercando di mostrare la carota dopo aver agitato il bastone.

In attesa della quasi certa replica dell'altro vicepremier suo alleato, non rimane che chiedersi che senso abbia che un Governo, in disaccordo su tutto eccetto che sul far affogare le persone in mare, continui ad andare avanti.