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La Corte Suprema non annulla la legge anti-aborto del Texas ma consente alle cliniche abortiste di opporvisi

Nella sentenza pronunciata venerdì, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso di consentire  alle cliniche che praticano l'aborto in Texas di agire legalmente contro la legge varata in quello Stato, in vigore dallo scorso 1 settembre, che dà facoltà a qualsiasi persona di citare in giudizio chi abbia praticato l'aborto o aiutato una donna ad abortire un feto oltre sei settimane dal suo concepimento.

Con la nuova sentenza, le cliniche abortiste potranno adesso rivolgersi ad un tribunale distrettuale, per chiedere la sospensione della legge varata dal Texas e contestarne la costituzionalità. Legge che nel frattempo resterà in vigore, consentendo l'aborto per i casi in cui la gravidanza potrebbe mettere a rischio la vita di una donna, ma non nei casi di stupro o incesto!

Dopo il varo della legge, il numero di aborti in Texas è diminuito di circa il 50%, facendo però aumentare il numero degli aborti negli Stati limitrofi. 

Durante una conferenza stampa, la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha affermato che il presidente Biden è "molto preoccupato" per la decisione della Corte Suprema di mantenere in vigore la legge voluta dal Texas, di cui aveva chiesto l'incostituzionalità,  perché mette a rischio un diritto sancito in precedenza dalla Corte stessa.

In una precedente delibera, il Presidente della Corte Suprema, John Roberts, ha sottolineato che la legge del Texas è stata di proposito concepita per annullare i precedenti della Corte Suprema sull'aborto, vietandolo dopo sei settimane dal concepimento invece che a sei mesi, negando in effetti alle donne un diritto costituzionale e mettendo in gioco il ruolo della Corte Suprema nel sistema costituzionale americano.

Autore Federico Mattei
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