L'ex governatore del New Jersey Chris Christie, repubblicano ed ex consigliere di Trump, domenica ha definito il team legale di Trump che sta tentando di invalidare i risultati alle presidenziali Usa del 3 novembre, che hanno sancito la vittoria di Biden, un "imbarazzo nazionale".
Oltre a Rudy Giuliani, che ne è a capo, l'altro membro del team, particolarmente agguerrito, era l'attivista ultraconservatrice ex procuratore federale Sidney Powell, come hanno ampiamente dimostrato le sue dichiarazioni rilasciate la scorsa settimana
La Powell, però, da domenica non fa più parte della squadra di Trump, anzi... sembra quasi non esserci mai stata come farebbe intendere la seguente dichiarazione ufficiale:
— Jenna Ellis (@JennaEllisEsq) November 22, 2020
Eppure, non solo il presidente in carica ne aveva ripreso le teorie complottiste sul voto elettronico, ma l'aveva pure citata in un tweet del 15 novembre, insieme ad altri 4 avvocati come uno dei membri della sua squadra:
I look forward to Mayor Giuliani spearheading the legal effort to defend OUR RIGHT to FREE and FAIR ELECTIONS! Rudy Giuliani, Joseph diGenova, Victoria Toensing, Sidney Powell, and Jenna Ellis, a truly great team, added to our other wonderful lawyers and representatives!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) November 15, 2020
Probabilmente, l'arcigna signora Powell, nel gettare il cuore oltre l'ostacolo nel disperato tentativo di dimostrare l'indimostrabile pur di consentire a Trump di conservare il suo incarico per altri 4 anni, ha oltrepassato i limiti (piuttosto labili in realtà) del consentito, finendo per esagerare... anche più di quanto non abbia fatto lo stesso Giuliani. Possibile? Pare di sì.
Passi la teoria complottista sul sistema di voto elettronico il cui software sarebbe lo stesso utilizzato in Venezuela per far vincere Hugo Chavez e che una parte dei voti dati a Trump, con lo stesso meccanismo, sarebbero pertanto stati assegnati a Biden.
Passi la sua dichiarazione di avere prove esplosive sui risultati in Georgia, facendo intendere anche che il governatore repubblicano Brian Kemp - un alleato di lunga data di Trump - sarebbe stato coinvolto dalle sue rivelazioni che non sono però mai state rese pubbliche.
Passi la sua annunciata e poi mancata partecipazione ad una trasmissione della Fox il cui conduttore, pro-Trump, aveva però insistito che le accuse di brogli venissero comunque comprovate da prove tangibili da mostrare al pubblico.
Ma una sua affermazione nella conferenza stampa del 19 novembre probabilmente l'ha "condannata":
"Non abbiamo idea di quanti candidati repubblicani o democratici in qualsiasi Stato del Paese - aveva detto la Powell - abbiano pagato per usufruire anche a loro vantaggio del sistema di voto elettronico truccato".
In pratica Sidney Powell ha tirato in ballo anche i senatori democratici e, soprattutto, i senatori repubblicani che avrebbero potuto essere stati eletti (il 3 novembre si votava anche per rinnovare una buona parte dei seggi del Senato) in maniera fraudolenta.
Il commento non è passato inosservato e il senatore repubblicano Joni Ernst, rappresentante dell'Iowa, ha dichiarato che "insinuare che i candidati repubblicani e democratici abbiano pagato per manipolare il risultato del voto, ritengo sia oltraggioso, offensivo e assolutamente sbagliato".
Quindi, per non far venir meno a Trump l'appoggio dei repubblicani al Congresso e dei vertici del partito, la Powell è stata cacciata dalla sua squadra di avvocati.
Come ha commentato Trump quanto accaduto? Per ora non lo ha fatto... sono 15 ore che non ha pubblicato un nuovo tweet: è un primo segnale di resa?