A sentir Letta, ieri, sembrava avesse già creato la coalizione per contrapporsi, in nome dei Progressisti, allo schieramento fascio-illiberale alle prossime politiche.
In realtà, quella che Letta spaccia come cosa già fatta, sembra essere un'alleanza elettorale (tirare in ballo accordi politici sarebbe un insulto all'intelligenza dello stesso segretario dem, anche in base a quanto da lui stesso dichiarato), di cui dovrebbe far parte chiunque, a meno di Italia Viva e del Movimento 5 Stelle.
Compagni di viaggio sicuri (citando i cosiddetti leader) sarebbero Calenda, Bonino, alcuni sindaci tipo Sala (che non si capisce chi dovrebbero rappresentare), Di Maio (che a fatica rappresenta, e male, solo se stesso).
Letta spaccia questa accozzaglia di persone con idee e interessi diversi come un qualcosa di appetibile per l'elettorato di centrosinistra, aggiungendovi Articolo 1 di Speranza e Bersani e persino Fratoianni e Verdi, che hanno presentato un simbolo comune per partecipare alle politiche.
Quelle che sempre di più inizia a somigliare alla gioiosa macchina da guerra di ochettiana memoria, mostra però già più di un mal di pancia all'interno dello stesso Pd, mentre notevoli sono le perplessità di Speranza e Bersani.
A queste si devono aggiungere le dichiarazioni di veto, almeno interpretabili come tali, di Fratoianni e Bonelli che, come anticipato, ieri a Roma hanno presentato l'Alleanza Verdi Sinistra che al centro del programma pone la lotta alle disuguaglianze, il contrasto all'emergenza climatica, il salario minimo, lo stop agli armamenti e alle spese militari... e l'unione delle forze europeiste e progressiste per sconfiggere la destra.
"Di fronte a questa destra - ha detto Fratoianni - , la peggiore, che rappresenta le peggiori lobby serve un'esame di coscienza per costruire la più larga convergenza possibile..."
Ma allora finirà per stare con Letta, Calenda, ecc... Al tempo!
Subito dopo, infatti, il leader di Si aggiunge: "Non esiste una campagna elettorale che possa avere come programma l'agenda Draghi. Ossia l'agenda di un governo di cui faceva parte anche la destra italiana. Chi oggi si contrappone a quella destra deve avere altre idee.Con Gelmini e Brunetta non farò strada. A prescindere. Nessuno mi troverà sulla stessa strada di chi da ministro insultava un lavoratore o a chi tagliava i finanziamenti alla scuola pubblica".
E non è finita qui...
"Calenda ogni giorno si inventa un nuovo veto o un nuovo insulto. Il programma di Calenda non ha nulla a che vedere con il mio, io continuo a rivolgermi a Conte e Letta perché si costituisca il filo del dialogo".
E tanto per esser chiari, il verde Bonelli rincara la dose: "Vorrei dire a Calenda che si è candidato a fare il premier: Carletto conosci te stesso e i tuoi limiti, così non fai cazzate".
I due partiti, insieme alla sinistra di Bersani e Speranza rappresentano circa il 6% dell'elettorato, qualcosa di più, qualcosa di meno.
A meno di ripensamenti dell'ultim'ora, parrebbe che la strategia di Letta riuscirà a presentare alle politiche una coalizione tra Pd, Calenda (che senza neppure essersi messo seduto ha già detto che si dovrà fare tutto ciò che lui dice o che a lui verrà in mente) e il povero Di Maio pronto a lucidar scarpe con la lingua, purché gli venga garantito un seggio sicuro.
Come proposta di centrosinistra, quella lettiana, sembra perfettamente in linea, con le esperienze delle politiche precedenti, in pieno stile Pd che, però, dovrà decidersi prima o poi a chiamarsi con il nome più adatto a rappresentare la propria dirigenza: Democrazia Cristiana. In quel caso, correndo da solo, potrebbe tranquillamente ottenere un numero incredibile di consensi.