Fred Bongusto, la sua vera identità spirituale: riflessioni sul tema della morte
Di ritorno dal funerale di Fred Bongusto sono talmente carica di emozioni e commozioni, assorbite durante la mesta cerimonia funebre, che non posso non scrivere, sottolineare e trasmettere le riflessioni che hanno affollato la mia mente sul "tema della morte" e porre in evidenza il profilo spirituale di Fred di cui voglio rendere testimonianza per onorarne la memoria e per trasmettere un messaggio di conforto e di speranza a coscienze che brancolano ancora nel dubbio, obnubilate dalla umana fragilità.
Fred, è stato un mio fraterno amico da più di 40 anni, il mito dei miei sogni giovanili, come per tante generazioni degli anni 60 e 70, con il quale, oltre ad aver apprezzato e condiviso i suoi successi professionali, ho scambiato e sostenuto moralmente, in maniera più intima e confidenziale, le sue problematiche esistenziali legate alla sfera della sua fragile natura umana.
Fred, famoso e valente artista, è stato amato da uno spaccato di Umanità, la più disparata, appartenente alle varie categorie sociali, richiamate da un'unica vibrazione "d’Amore" che emanava la sua musica, e che all’unanimità ha espresso, non solo l’esaltazione di un mito di un uomo di successo, ma l’affermazione delle sue grandi doti morali, sociali e umanitarie che hanno caratterizzato il suo essere ed il corso della sua esistenza.
La notizia della sua scomparsa ha raccolto una pletora di una serie di attributi, quali Uomo Speciale, Galantuomo, Generoso, Onesto, Empatico, Altruista che si sono via via susseguiti... anche se la più bella definizione in assoluto, forse la più consona espressa nei suoi confronti è stata quella di "Puro Amore", per aver dato costantemente prova della sua profonda Umanità ed Umiltà, sia nella vita sociale che privata.
Fred era una grande anima, dotata di spiccata e profonda sensibilità, in perpetuo conflitto con il mondo esterno nel rifiutare la mediocrità, la superficialità in relazione ai Valori Umani, trasferendo in parole e musica i sentimenti più sublimi quali l’Amore, con squisita dolcezza e sacralità.
Con discrezione e riservatezza ha protetto il suo bisogno di soddisfare la sua fame di conoscenza e l’inquietudine della sua anima con interrogativi sul vero senso della vita, portandolo a ricercare continue risposte agli umani perchè, attingendo ai canali della fede, al misticismo dell’Oriente e al suo se interiore, fonte di ogni verità.
Fortemente radicato alle sue radici cattoliche è stato per lui molto illuminante un viaggio in India, da me organizzato con sua moglie Gaby, e nell'avvenuto incontro con il maestro spirituale indiano Sai Baba ed il suo insegnamento, ha realizzato l’assoluta certezza e convergenza del vero messaggio del Cristo "Ut unum sint" riguardo l’Amore e la Fratellanza Universale, placando molte sue incertezze su tematiche esistenziali sulla vita e sulla morte, sul concetto di reincarnazione ed immortalità dell’anima.
Nell’abbracciare parenti e amici per esprimere e condividere il mio profondo cordoglio per la grave perdita, mi sono risuonate e tornate alla mente le parole molto eloquenti di Sai Baba, la morte non esiste… è una farsa, un’illusione… che Fred aveva assimilato nel suo intimo, risvegliando la consapevolezza della sua vera identità, edificando questo insegnamento come baluardo della sua anima cui fare riferimento, per accettare con serenità la sua malattia e questo passaggio obbligato della nostra esistenza umana.
Queste considerazioni sono state oggetto di quanto ho scritto in proposito anni addietro sul tema della morte nel mio libro "Lo specchio dell’anima", di cui ne trascrivo alcuni essenziali concetti.
Il tema della morte accomuna gli Esseri umani nell’elaborare riflessioni e rappresentazioni del più significativo momento della vita di ciascuno, ma non è traducibile in alcuna esperienza di vita, se non solo quella della morte di un altro essere, che addolora nella misura proporzionale dei sentimenti che si provano per la persona che viene a mancare nella tua vita.
Il motivo per cui non riusciamo ad accettare la morte è dovuto al fatto che per istinto rifiutiamo l’idea che ci venga strappato quel qualcuno cui siamo legati per motivi affettivi. Allo stesso tempo ne abbiamo paura perché ne ignoriamo i risvolti, pur consapevoli che la morte fa parte della vita, in quanto essa ne è un aspetto fondamentale, ineluttabile, determinato dal concetto che tutto ha un inizio e una fine. La vita e la morte sono aspetti naturali che andrebbero vissuti in maniera naturale, secondo le leggi della natura.
E nella natura la morte, in realtà, non esiste se non come forma di passaggio. Tutto è trasformazione. Vita e morte, nell’ottica della complementarietà dei contrari, sono un’unica realtà imprescindibile e fanno parte di un immane processo di trasformazione, di cui noi non vediamo né l’inizio né la fine.
Professare una religione, la cui affermazione comune a tutte le altre sul problema della morte è quella dell’ immortalità dell’anima, costituisce un grande motivo di consolazione. Differente è, tuttavia, nelle religioni, il rapporto tra l’anima e il corpo e la concezione della vita dopo la morte.
In Occidente, al contrario dell’Oriente, non c’è una vera ed appropriata cultura per la preparazione alla morte, anzi si tende ad evitarla per sfuggirne la visione dolorosa. La classe medica cura il corpo ma non l’anima nel cruciale momento della separazione della stessa dal corpo, parte quest’ultima riservata alla sfera spirituale del paziente.
Lo stato vigile della coscienza è sempre presente, anche in stati comatosi o di non funzionalità del cervello, ragion per cui la trasmissione telepatica "da cuore a cuore" è l’unico canale di comunicazione tra l’aldiquà e l’aldilà, dove la linea di demarcazione è illusoria, dato che nell’Universo tutto è sincronico ed interconnesso. La differenziazione sta proprio nella multidimensionalità dei vari stati di coscienza.
Grazie Fred per aver scolpito pagine d’immortalità della tua anima , rispecchiando nelle stesse il tuo esempio, le tue Virtù, la tua vera Eredità, quella Spirituale!