20 giugno, giornata mondiale del rifugiato. Nell'occasione, l'UNICEF ci ricorda che alla fine del 2021 conflitti, violenze e ulteriori crisi hanno creato 36,5 milioni di bambini sfollati, il numero più alto mai registrato dalla Seconda guerra mondiale.

Una cifra che comprende 13,7 milioni di bambini rifugiati e richiedenti asilo e quasi 22,8 milioni di bambini sfollati interni. Queste cifre però non comprendono i bambini sfollati a causa di shock o disastri climatici e ambientali, né quelli sfollati di recente nel 2022, anche a causa della guerra in Ucraina. 

Il numero record di bambini sfollati è il risultato diretto di crisi a catena, tra cui conflitti acuti e prolungati come quello in Afghanistan, fragilità in Paesi come la Repubblica Democratica del Congo o lo Yemen.

"Non possiamo ignorare l'evidenza: il numero di bambini sfollati a causa di conflitti e crisi è in rapida crescita, così come la nostra responsabilità di raggiungerli", ha dichiarato il Direttore Generale dell'UNICEF Catherine Russell. "Spero che questo numero allarmante spinga in primo luogo i governi a evitare che i bambini siano sfollati - e quando sono sfollati, a garantire loro l'accesso all'istruzione, alla protezione e ad altri servizi essenziali che sostengono il loro benessere e il loro sviluppo ora e in futuro".  
A questo record si aggiungono crisi come la guerra in Ucraina, che da febbraio ha causato la fuga dal paese di oltre 2 milioni di bambini e lo sfollamento interno di 3 milioni.  Inoltre, bambini e famiglie vengono allontanati dalle loro case anche a causa di eventi climatici estremi, come la siccità nel Corno d'Africa e nel Sahel e le gravi inondazioni in Bangladesh, India e Sudafrica. Nel 2021 si sono verificati 7,3 milioni di nuovi casi di sfollamenti di bambini a causa di disastri naturali. 

La popolazione mondiale di rifugiati è più che raddoppiata nell'ultimo decennio e i bambini rappresentano quasi la metà del totale. Oltre un terzo dei bambini sfollati vive nell'Africa subsahariana (3,9 milioni o il 36%), un quarto in Europa e Asia centrale (2,6 milioni o il 25%) e il 13% (1,4 milioni) in Medio Oriente e Nord Africa. 

Mentre il numero di bambini sfollati e rifugiati raggiunge un livello record, l'accesso a servizi essenziali come l'assistenza sanitaria, l'istruzione e la protezione è in calo. Circa due terzi di tutti bambini rifugiati sono iscritti alla scuola primaria, mentre circa uno su tre degli adolescenti rifugiati frequenta la scuola secondaria. 

I bambini migranti - siano essi rifugiati, richiedenti asilo o sfollati interni - possono correre gravi rischi per il loro benessere e la loro sicurezza. Ciò è particolarmente vero per le centinaia di migliaia di bambini non accompagnati o separati che sono a maggior rischio di tratta, sfruttamento, violenza e abuso. I bambini rappresentano circa il 34% delle vittime registrate della tratta a livello globale. 


Cosa significhi in sostanza essere un rifugiato, ce lo spiega Save the Children, nel secondo rapporto “Nascosti in piena vista”, in cui documenta storie di minori soli e di famiglie in arrivo o in transito alla frontiera nord dell'Italia, a Trieste, Ventimiglia e Oulx. 

I viaggi dei rifugiati durano mesi o anni, passando da uno Stato all’altro da ‘invisibili’, attraverso montagne, boschi, lungo i binari e superando confini violenti, dove ragazzi e ragazze soli, a volte poco più che bambini, e famiglie con figli piccoli - in fuga da guerre, conflitti, povertà estrema, alla ricerca di un futuro possibile - conoscono l’orrore delle percosse, dei cani aizzati contro, della morte dei compagni, anche dentro l’Europa. 

Come è successo a Javed (nome di fantasia), 17enne afghano, che alla frontiera tra Turchia e Bulgaria ha subito trattamenti violenti e umilianti:

“I poliziotti hanno sguinzagliato il cane su di me, questo mi ha tirato e io mi sono messo a urlare perché mi aveva morso due volte il piede […]. Si radunavano attorno al fuoco a bere vino e ci facevano sdraiare nudi sulla schiena”.

Javed durante il lungo percorso migratorio ha più volte filmato i suoi trasferimenti. Questi video, uniti al dettagliato, empatico e sconvolgente racconto del viaggio che Javed ci ha rilasciato, sono documenti fondamentali per fissare l’atrocità dei viaggi di minori non accompagnati e famiglie nel pieno del XXI secolo. Il suo lungo racconto dall’Afghanistan all’Italia passa per Pakistan, Iran, Turchia, Bulgaria (sono stati ben 23 i tentativi di superare il confine bulgaro, ovvero l’ingresso nell’Unione Europea), Serbia, Bosnia, Croazia, Slovenia, Italia. 

Un anno dopo la ricerca effettuata alle zone di confine della frontiera Nord d’Italia - a Trieste, per chi arriva nel nostro Paese attraverso la cosiddetta rotta balcanica e in uscita verso la Francia, a Ventimiglia in Liguria e a Oulx in Piemonte - Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, è tornata a raccogliere testimonianze e a raccontare storie di passaggi e respingimenti di minori soli o con le loro famiglie nel rapporto “Nascosti in piena vista”, curato anche quest’anno dal giornalista Daniele Biella e diffuso oggi, a pochi giorni dalla Giornata mondiale del rifugiato, che si celebra il 20 giugno. Per capire cosa è cambiato. 

Tante le testimonianze di violenze, respingimenti, umiliazioni subite durante il viaggio, vere e proprie violazioni dei diritti umani e dei diritti dei minori, che fanno emergere un’Europa a due livelli: in uno scenario mondiale profondamente mutato, l’Europa e i suoi Paesi hanno dimostrato di saper spalancare braccia e porte alla popolazione in fuga dalla guerra in Ucraina, ma al contempo si sono dimostrati brutali e disposti a usare forza ingiustificata contro gente inerme, “colpevole” di non avere documenti validi per l’ingresso, ma bisognosa allo stesso modo di un posto sicuro.  

“I profughi ucraini, con ammirabile solidarietà, vengono accolti ai valichi autostradali con donazioni di cibo, vestiti e un trattamento dignitoso che fa onore all’Italia e all’Europa. Ma nei rilievi del Carso triestino, così come sul Passo della Morte tra Ventimiglia e Mentone e tra i sentieri del colle del Monginevro, numerosi vestiti, documenti e altri oggetti abbandonati testimoniano il passaggio di persone analogamente in fuga da privazioni e violazioni dei loro diritti, ma provenienti da altri Stati, obbligati a viaggiare nell’ombra, attraversando nel buio le frontiere in un’Europa che chiude loro le porte” dichiara Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. 
Sono stati 35 i minorenni stranieri non accompagnati respinti alle frontiere interne o esterne dell’UE nei primi tre mesi del 2022, che la coalizione di enti non profit europei Protecting Rights at Borders ha intercettato nelle sue attività. Probabilmente la punta di un iceberg, se si pensa che solo ad aprile sono stati segnalati 38 minori non accompagnati in transito a Trieste (oltre a quelli accolti dal sistema istituzionale di protezione) e - sempre ad aprile – 24 sono stati registrati in transito a Ventimiglia e 35 a Oulx. Minorenni “nascosti in piena vista”.

I respingimenti non si presentano all’ingresso in Italia a Trieste e dintorni, ma vengono registrati ancora alle frontiere con la Francia: il team di ricerca di Save the Children ha raccolto evidenze dirette di trattamento differenziato a seconda dei luoghi di transito. A Claviere un minore non accompagnato ha più probabilità di essere ammesso presentandosi direttamente alla polizia di frontiera francese, a Mentone invece viene segnalata ancora la pratica della polizia di modificare la data di nascita per fare risultare la persona maggiorenne e quindi espellibile tramite il refus d’entrée, il foglio di via. In ogni caso, se la frontiera francese rimane comunque permeabile - il numero di tentativi dipende spesso dalla fortuna – rimangono praticamente insuperabili gli accessi dall’Italia a Svizzera e Austria.

“Il disperato si appiglia a qualunque speranza” dice Mahmoud, padre giordano-palestinese che il team di ricerca incontra con moglie e cinque figli dopo il terzo respingimento al confine tra Mentone e Ventimiglia. Sono in viaggio da due anni, destinazione Germania. In Croazia hanno superato il game - il passaggio tra le frontiere - dopo 20 tentativi. “Nessuno provava compassione per noi (…) sia che fossimo stanchi, affamati o assetati”.  “La cosa più importante è farmi stare in una casa e mandare i miei figli a scuola, non voglio nient’altro” aggiunge Mariam, sua moglie.
Con questa seconda edizione della ricerca, Save the Children, attraverso i volti e le storie di un’umanità ferita ma non rassegnata, vuole riportare l’attenzione sulle disparità di trattamento e chiedere la fine delle violenze lungo le frontiere. 

“È difficile arrivare da soli in altri Paesi. Senza padre, senza madre, senza fratello e nessun amico. Ma dobbiamo farlo, perché abbiamo un sogno: vogliamo avere un futuro, vogliamo essere brave persone”.

Sono parole di Naweed (nome di fantasia), costretto a fuggire dall’Afghanistan, 14 anni, forse meno, che gli operatori di Save the Children hanno incrociato i primi di maggio a Claviere, nell’alta Valle di Susa, in Piemonte, all’ennesimo confine da valicare, quello con la Francia, verso Mongenevre, attraverso montagne ancora innevate, determinato a proseguire in direzione Finlandia, dove vive il fratello. Con sé ha un foglio informale che indica la minore età, da consegnare ai poliziotti di frontiera francesi nella speranza di non essere respinto, in quanto minore straniero non accompagnato.

Ad aprile sono 14.025 i minori stranieri non accompagnati presenti nel sistema di accoglienza italiano, secondo i dati Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di cui il 16,3% sono bambine e ragazze, quasi il 70% hanno tra i 16 e i 17 anni e oltre il 22% sono sotto i 14 anni. Per quanto riguarda le nazionalità, la novità di quest’anno è rappresentata dagli ucraini al primo posto (3.906, pari al 27,9%, la cui quasi totalità è ospitata presso parenti o famiglie affidatarie), poi ci sono gli egiziani con il 16,6% e a seguire bengalesi, albanesi, tunisini, pakistani, ivoriani. Gli afghani sono 306 pari al 2,6%, a testimonianza della loro volontà di raggiungere altri Paesi in Europa. Ad aprile sono entrati nel territorio italiano 1.897 minori soli - di cui solo 272 con gli sbarchi alla frontiera sud e i restanti 1.625 entrati evidentemente dalla frontiera terrestre – in maggioranza ucraini (1.332, pari al 70,2%), egiziani (169, pari all’8,9%), afghani (71, pari al 3,7%).  Le regioni che ne accolgono di più sono Lombardia (19,6%), Sicilia (18%) ed Emilia-Romagna (8,8%).

Con l'arrivo della bella stagione il flusso di minori non accompagnati è aumentato notevolmente in un solo mese in tutti e tre i territori monitorati: a Trieste (dalla rotta balcanica) dai 38 passaggi di aprile ai 60 di maggio, a Ventimiglia da 24 a 47, a Oulx addirittura da 35 a 150, per lo più ragazzi afghani, che arrivavano sia dalla rotta balcanica che dalla frontiera marittima, cioè dal Mar Mediterraneo, le cui traversate risultano sempre più letali e dove di recente ha ripreso vigore la tratta dalla Turchia alla Calabria.


Crediti immagine: © UNICEF/UN0509166/Bidel