Sherlock Holmes, Giovanni Morelli e Sigmund Freud: ad accomunarli, secondo lo storico italiano Carlo Ginzburg, un metodo di lavoro attento ai dettagli, una curiosità per i margini, una ricerca fondata sulle piccolezze. Sono queste le basi di ciò che Ginzburg definirà paradigma indiziario, una costruzione concettuale complessiva che determina una particolare tradizione di ricerca, nata innanzitutto nel campo della storia dell’arte. Di fronte alla difficoltà di attribuire un quadro al suo vero autore, infatti, sono i dettagli di poco importanza ad essere fondamentali, perché sfuggono al controllo dell’artista, facendo emergere tratti intimi, personali. Ma il paradigma indiziario formulato e analizzato da Ginzburg non si limita all’arte, ma si applica con efficacia anche in letteratura.

 

Ed è proprio l’indagine letteraria l’oggetto di studio della giornata organizzata al Collegio Ghislieri, martedì 15 maggio, dalle ore 14. Grazie agli interventi e ai casi concreti portati dagli studiosi invitati, saranno dunque approfonditi i vantaggi che il paradigma indiziario può fornire allo studio filologico: «Da Foscolo a Pynchon – commenta l’organizzatore Matteo Cazzato – l'applicazione di questo metodo permette di accostare i ragionamenti messi in campo da un critico letterario a quelli usati da un detective nelle sue indagini: attenzione ai piccoli dettagli, ricostruzione di un sistema coerente (come un puzzle), in cui ogni elemento trovi la sua spiegazione, e perciò la possibilità di arrivare a ricostruire l'intenzione dell'autore sottesa alla creazione dell'opera».

Una metodologia investigativa e interpretativa che si avvicina alla tecnica psicoanalitica. Non a caso, Ginzburg studiò il saggio Il Mosè di Michelangelo (1914) di Sigmund Freud, individuando importanti analogie con il suo lavoro: l’osservazione degli aspetti nascosti e inconsci permette di accedere a un mondo sommerso di significati, tutto da scoprire.