Già dalle prossime settimane il governo Draghi, sostenuto da un'accozzaglia di forze che nel nome dell'ormai consunta responsabilità pensa di far combaciare interessi di per sé inconciliabili, sarà costretto a prendere decisioni che, inevitabilmente, ne caratterizzeranno l'indirizzo politico.

E che la barra del timone sembri già fin d'ora saldamente orientata verso destra lo fanno capire le dichiarazioni dei sindacati negli ultimi giorni, su temi non certo di secondo piano come codice degli appalti e licenziamenti.

Sul tema appalti, il segretario nazionale della Cgil, Maurizio Landini, in una intervista a Repubblica, ha definito indecente la scelta che il governo Draghi si appresta a fare con  

"la liberalizzazione del subappalto, le gare al massimo ribasso, e poi ci mancava pure l'appalto integrato, quello che affida allo stesso soggetto la progettazione e l'esecuzione dell'opera. Trovo del tutto sbagliato e grave – spiega Landini – l'orientamento che il governo sembrerebbe prendere con il decreto Semplificazioni. Così si torna indietro di vent'anni, ai tempi del governo Berlusconi e del suo ministro Lunardi. E abbiamo già visto che cosa significa: riduzione dei diritti per chi lavora sugli appalti, scarsa qualità del lavoro, scarsa qualità delle opere, maggiore insicurezza nei cantieri e, infine, il rischio di alimentare il male oscuro italiano, quello della corruzione e dell'illegalità". 

Per tale motivo il leader della Cgil non esclude neppure lo sciopero generale per fermare il provvedimento:

"Alcune nostre categorie unitariamente sono già pronte. Noi, conseguentemente, lo valuteremo insieme a Cisl e Uil. Al governo stiamo dicendo che non va, che sta sbagliando. Si era impegnato a discutere con noi prima di approvare le riforme e i decreti, invece non lo sta facendo. Dunque è chiaro che se non cambia direzione ragioneremo su tutte le forme di mobilitazione". 

Ma sul tavolo, in queste ore, non c'è solo la questione appalti a far discutere, come dimostrano le dichiarazioni odierne dei segretari della Cgil delle regioni del Nord.

In una dichiarazione congiunta i segretari di Cgil Lombardia (Alessandro Pagano), Cgil Piemonte (Pier Massimo Pozzi), Cgil Veneto (Christian Ferrari) e Cgil Emilia Romagna (Luigi Giove) hanno replicato in questi termini ai presidenti di Confindustria delle stesse regioni, che chiedono "certezze" per poter iniziare a licenziare:

"Il provvedimento del governo sui licenziamenti - dichiarano i segretari delle regioni del nord della Cgil - è un primo passo ancora insufficiente e deve essere completato per garantire la proroga certa del blocco fino almeno ad ottobre. Tempo necessario per consentire il rafforzamento degli ammortizzatori sociali in direzione di una copertura universale. In questa fase i lavoratori sono ancora alle prese con la crisi. Pertanto vanno protetti, sostenuti e accompagnati nei processi di transizione economica, che saranno promossi con le risorse del Pnrr, attraverso progetti efficaci di formazione e riqualificazione professionale.È necessario un piano straordinario per una buona e stabile occupazione che renda credibile qualsiasi obiettivo di rafforzamento della coesione sociale. Per questo siamo pronti e disponibili per il confronto a tutti i livelli, a partire dall'uso sapiente di tutti gli ammortizzatori sociali, prima di usare la mannaia dei licenziamenti.Siamo però altrettanto pronti a respingere e a mobilitarci contro qualsiasi scelta che aumenti incertezza e precarietà occupazionale, compresa l'intenzione annunciata dal governo di indebolire le attuali regole sugli appalti, rendendo il lavoro più fragile, ricattabile, più insicuro e vittima di sfruttamento e criminalità organizzata, una decisione che contrasteremo con tutti gli strumenti a nostra disposizione".

Pertanto, appare evidente che in futuro sarà sempre più difficile conciliare le posizioni padronali di Lega e Italia Viva con quelle di Partito Democratico e 5 Stelle che, in teoria, dovrebbero essere più orientate a sostenere i lavoratori.

Delle scelte dovranno essere fatte, scelte che, oltretutto, finiranno per concretizzarsi in corrispondenza dei prossimi appuntamenti elettorali amministrativi. Una situazione politicamente esplosiva che non potrà non avere conseguenze sulla composizione e/o sull'indirizzo politico del governo Draghi.