La Generazione Zero, quella nata nell’anno di inizio secolo e millennio, il 2000, si avvicina alle elezioni, il primo voto della vita. E nessuno ricorda più che anche il diritto di elettorato passivo e la maggiore età furono, nel 1975, una conquista dei movimenti giovanili di quegli anni. «È indubbio che l’estensione del voto ai diciottenni, votata ieri dalla Camera, sia anche conseguenza della lotta iniziata con la contestazione nel 1968-1969 nelle Università e nelle Medie superiori.

I diciottenni, i ragazzi della Generazione Zero, sembrano semmai una copia conforme dei loro padri e madri. Condividono frustrazioni e debolezze, chiusure e rivendicazioni. Vivono immersi in quella che l’ultimo rapporto Censis ha definito «l’età del rancore»: «un sentimento che nasce da una condizione strutturale di blocco della mobilità sociale, che nella crisi ha coinvolto anche il ceto medio, oltre ai gruppi collocati nella parte più bassa della piramide sociale». «Di fatto», prosegue il Censis, “l’ascensore sociale bloccato” l’87,3 per cento di loro pensa che sia molto difficile muoversi verso l’alto nella scala sociale e il 69,3 per cento che al contrario sia molto facile scendere verso il basso».

I figli sono la fotocopia in tutto di mamma e papà, percepiscono annusano e vivono i disagi in famiglia, la fatica dei genitori nel dimostrarsi sempre sorridenti e allegri anche quando la vita va storta. Vivono il disagio del genitore che non riesce a star dietro ad un figlio oggi, adolescenti in preda a crisi, si sentono soli, abbandonati. I grandi chiudono gli occhi davanti ai loro problemi , non riescono ad ascoltarli, fanno finta che non ci sia il problema, vorrebbero evadere.

Bisogna restituire i sogni ai nostri ragazzi, bisogna far capir loro che gli ideali sono fondamentali, per diventare un uomo o una donna ammirati, bisogna lottare per ciò che si vuole.

Oggi più che mai bisogna sostenere questa gioventù fragile, questa generazione concentrata sul web, concentrata sui social diventati vetrina di se stessi.