Ecco perché il Qatargate riguarda anche il Parlamento italiano e non solo quello europeo
A seguito dell'inchiesta della magistratura belga su un possibile caso di corruzione che riguarda alcuni parlamentari ed ex parlamentari europei, oggi l'eurocamera, con 625 voti favorevoli, 1 contrario e 2 astensioni ha deciso la revoca della deputata Eva Kaili dalla carica di vicepresidente dell'Assemblea, in base all’articolo 21 del Regolamento del Parlamento europeo.
Sempre quest'oggi alle 16:30, gli eurodeputati terranno un dibattito su quanto accaduto e sulla necessità di migliorare le regole di trasparenza nelle istituzioni europee, con una risoluzione che sarà votata giovedì prossimo.
Ed in relazione alla vicenda che adesso i più stanno etichettando come Qatargate, vale la pena ricordare quali siano le responsabilità del Parlamento europeo.
Il Parlamento è colegislatore, cioè ha il potere di approvare e modificare la legislazione, e decide in merito al bilancio annuale dell'UE su un piano di parità con il Consiglio. Vigila inoltre sull'operato della Commissione e degli altri organi dell'UE e coopera con i parlamenti nazionali degli Stati membri, che apportano il loro contributo.La grande maggioranza della legislazione dell'UE è approvata mediante la procedura legislativa ordinaria, nota anche come "codecisione". Tale procedura è la più utilizzata e conferisce lo stesso peso al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea. Si applica a una vasta gamma di settori, quali l'immigrazione, l'energia, i trasporti, i cambiamenti climatici, l'ambiente, la protezione dei consumatori e l'economia.In alcuni settori si applicano invece altre procedure decisionali. In ambiti quali l'imposizione fiscale, il diritto in materia di concorrenza e la politica estera e di sicurezza comune, il Parlamento europeo è "consultato". In tali casi, il Parlamento può approvare o respingere una proposta legislativa, oppure proporre emendamenti alla stessa, ma il Consiglio non è giuridicamente tenuto a seguire il parere del Parlamento, benché debba attendere tale parere prima di prendere una decisione. La procedura di "approvazione", in cui è richiesto il consenso del Parlamento, si applica in caso di adesione di nuovi Stati membri dell'UE e negli accordi commerciali internazionali tra l'UE e i paesi terzi o i gruppi di paesi. La procedura di approvazione è utilizzata anche per la decisione definitiva sulla nomina della Commissione europea.Sebbene spetti alla Commissione europea proporre nuove normative dell'UE, il Parlamento può assumere l'iniziativa chiedendo alla Commissione di presentare una proposta legislativa. In sede di approvazione di tale "iniziativa legislativa", i deputati al Parlamento europeo possono fissare un termine per la presentazione di una proposta. Se la Commissione rifiuta, è tenuta a spiegare il perché.Al momento dell'approvazione di una nuova normativa, i deputati al Parlamento europeo e il Consiglio possono incaricare la Commissione di integrare la proposta con piccole aggiunte o modifiche (ad esempio allegati o aggiornamenti tecnici) mediante atti delegati (atti che integrano o modificano parti della normativa) o atti di esecuzione (atti che stabiliscono i dettagli di applicazione della normativa). In questo modo è possibile mantenere la semplicità della legislazione e, se necessario, integrarla e aggiornarla senza nuovi negoziati a livello legislativo.A seconda del tipo di atto adottato dalla Commissione, i deputati al Parlamento europeo possono seguire diverse opzioni in caso di disaccordo con le misure proposte dalla Commissione. Nel caso degli atti delegati, i deputati al Parlamento europeo hanno il diritto di veto. Per gli atti di esecuzione, i deputati possono chiedere alla Commissione di modificare o di ritirare la proposta, ma la Commissione non ha alcun obbligo giuridico di farlo.
Pertanto, come riassume il contenuto appena citato, l'Assemblea che si riunisce a Bruxelles e a Strasburgo non ha gli stessi poteri che hanno i Parlamenti nei singoli Stati membri, ma non si può comunque dire che "non conti niente"... specialmente in termini di indirizzo in relazione a politiche e scelte decisionali che la Commissione è chiamata a prendere.
Per questo, chi viene eletto al Parlamento europeo si deve impegnare a rispettarne il rigido codice di condotta in materia di interessi finanziari e conflitti di interessi, che espressamente vieta quanto fatto dalla deputata greca Eva Kaili.
Come sia nata la vicenda Qatargate non è ancora chiaro. A logica la magistratura belga potrebbe averla avviata sulla base di una denuncia di qualcuno che Kaili o Panzeri hanno pensato di voler "arruolare" tra coloro che avrebbero dovuto testimoniare quanto i diritti umani in Qatar fossero rispettati... scegliendo però la persona sbagliata. Quando le indagini saranno concluse, anche questo aspetto, probabilmente, sarà chiarito.
In attesa degli ulteriori sviluppi, pare facilitati dalle confessioni che uno degli indagati avrebbe accettato di fare, il Qatargate ci offre, già adesso, un paio di considerazioni non del tutto irrilevanti.
La prima riguarda l'attività del Parlamento europeo. Quanti altri casi simile al Qatargate sono avvenuti finora? Una domanda assurda? Non tanto, pensando ai "nugoli" di lobbisti che pullulano nell'europarlamento e alle decisioni di indirizzo dell'Assemblea che in alcuni casi sono sembrate assurde e contro ogni logica. Perché quanto avrebbe fatto il Qatar non avrebbe dovuto esser stato fatto anche dalla multinazionale X o dalla multinazionale Y?
Per questo, la credibilità del Parlamento, adesso, è a rischio. Infatti, se prima uno poteva solo presumere che certe decisioni siano state frutto di corruzione, adesso ha dei motivi concreti per crederlo.
Sulla base di ciò, si fonda la seconda considerazione che riguarda il Parlamento italiano. I disattentissimi professionisti dell'inlformnazione nostrano non sembrano, almeno finora, essersi posti il problema.
In Italia, come le cronache spesso ci informano, una senatrice come la leghista Bongiorno può tranquillamente continuare a svolgere la propria attività professionale, nonostante sia pagata profumatamente per far parte di uno dei rami del Parlamento. Perché? Perché non c'è una norma che glielo vieti. E questo sarebbe normale? Non tanto perché quando lei promuoverà o voterà un determinato provvedimento chi stabilisce che non lo faccia per favorire uno o più dei suoi clienti?
Per questo i membri del Congresso degli Stati Uniti non possono svolgere altre attività, se non pro bono, oltre a quella di deputato o senatore. Nel Regno Unito, invece un avvocato può continuare a svolgere la propria attività, ma lì i parlamentari sono eletti in collegi uninominali... se agli elettori del collegio che lo votano e lo eleggono come proprio rappresentante questo sta bene, nulla osta. Bisogna però ricordare che l'avvocato eletto alla Camera dei Comuni non potrà rappresentare direttamente o indirettamente gli interessi di uno Stato straniero.
In Italia, invece, il senatore Renzi "rimbalza" tra i Paesi del Medio Oriente, come una biglia in un flipper, spacciandosi conferenziere, mediatore e consulente in cambio di parcelle fino a 6 zeri.
È normale? Per il senatore Renzi, sì. Per l'etica e la logica, ovviamente no. Infatti, Renzi fa esattamente ciò che faceva Eva Kaili, con l'unica differenza che lui i soldi li fattura. Ma chi ci garantisce che quanto lui promuove, vota e dichiara sia nell'interesse dei suoi elettori e dell'Italia e non, anche solo in parte, (ad esempio) dell'Arabia Saudita?
Tutti, adesso, in Italia parlano dello scandalo del Parlamento europeo, ma non si sono accorti che nel nostro Paese lo stesso scandalo esiste da tempo... e di proporzioni ben maggiori.