Dopo un lungo rally che aveva spinto molti analisti a ipotizzare "quota 100" dollari, il petrolio si è fermato sul più bello.
Finora la grande corsa del greggio era stata alimentata soprattutto da fattori geopolitici, ma adesso gli analisti stanno considerando l'avanzata della produzione americana (basata soprattutto sullo shale oil), che potrebbe rovesciare la dinamica domanda/offerta del mercato.
Alle condizioni di prezzo attuale, anche se il WTI è sceso intorno ai 65 dollari ed il Brent fatica a raggiungere gli 80, estrarre shale oil è conveniente, tanto che si è raggiunto nuovi record storici che in futuro sono destinati ad essere di nuovo abbattuti.
Pertanto, il vuoto lasciato dalla riduzione della produzione da parte dell'Opec e dalla contrazione dell’export del Venezuela viene così colmato dal petrolio made in Usa, con un andamento che, a lungo andare, potrebbe avere ripercussioni impreviste sui mercati.