L’isola di Arturo continua ad incantare con la sua bellezza.

Chi non conosce Procida   sorella minore delle altre  due isole Ischia e Capri del golfo di Napoli appartenenti al gruppo delle isole Flegree ? La piccola Procida è stata da sempre considerata la cenerentola in confronto alle altre due star internazionali, un bel giorno ci si è accorto che è una principessa i cui gioielli non sono così vistosi come quelli delle altre due sorelle, ma si devono andare a scoprire nelle stradine ombrose del centro, nelle sue coste frastagliate. Tutto questo non è sfuggito ad Elsa Morante che lo ha raccontato nel  libro ” L'isola di Arturo” (1957).

Passeggiando nel sentiero che ha portato Procida a diventare Capitale italiana della cultura nel 2022, per scoprire come la sua bellezza abbia origini antiche nel vedere e nel sentire. Ed è da quest’ultimo punto che la casa editrice Fioranna è partita per raccontare con la professoressa Gea Palumbo un’antica tradizione nel libro “Quadrilli  - Le donne e la religione delle cose nell’isola di Procida e al di là dei suoi confini”. Un appassionante lavoro di ricerca sull’antica quanto poco conosciuta tradizione dei piccoli quadri-reliquiari che le donne nell’isola di Procida interrogavano per una sorta di profezia tutta femminile. 

Gea Palumbo, insegna Storia e iconografia all’Università di Roma Tre ed è direttrice del Museo di Montefalcone,  ha lavorato a questo volume indagando sull'origine e sulla diffusione di questa tradizione, collocandola in più precisi ambiti cronologici e in più larghe coordinate geografiche. Un esempio del più grande e diversificato mondo di quella religione “delle cose” che ha lentamente trasformato il cristianesimo da una religione di parole, di parabole e di promesse, in una religione fatta anche di oggetti concreti, immagini, reliquie, opere d'arte che offrissero supporto alla fede. 

Utilizzati sia pur con modi diversificati in varie aree del meridione, i quadrilli costituiscono un elemento che ci permette di comprendere alcuni aspetti fondamentali non solo della devozione “femminile e popolare” ma dello stesso cristianesimo. “Quadrilli  - Le donne e la religione delle cose nell’isola di Procida e al di là dei suoi confini” rivela come forse nulla più di questi oggetti riesce a farci comprendere come la fede sia stata una faticosa, continua speranza, sempre ricostruita, sempre riadattata, mai - per un grande numero di persone - perduta.

Anna Fiore, titolare della casa editrice Fioranna, spiega così quest’approfondimento su un’antica tradizione procidana: «La casa editrice sin dalla sua nascita, nel 2008, ha portato avanti un progetto volto a valorizzare le tradizioni del territorio campano e in particolare quelle procidane. Per questo motivo, mi sono resa conto che la tradizione dei quadrilli era un tassello mancante al nostro lavoro che ha da sempre cercato di esaminare e trattare tutti gli aspetti e le tradizioni della interessante e ricca cultura dell’isola di Procida, tanto da diventare Capitale Italiana della Cultura 2022. La tematica del libro - continua Anna Fiore - mi ha molto incuriosito perché, pur conoscendo bene la realtà culturale dell’isola di Procida, non ero mai venuta a conoscenza di questa tradizione. Approcciandomi al testo, ho compreso perché non avessi mai avuto notizia di questa usanza: il quadrillo è un oggetto legato alla dimensione più privata e intima della vita delle donne ed è custodito con affettuosa riservatezza da chi li possiede, portando così avanti una tradizione che prosegue di generazione in generazione».

La professoressa Gea Palumbo, autrice di numerosi scritti, spiega:«Sono sempre stata convinta che ogni opera d'arte, sia essa piccola o grande, di arte popolare, religiosa o di qualsiasi altro tipo, possieda un nucleo narrativo che ci racconta una storia. Questa sui quadrilli è una ricerca che riguarda la storia delle donne, ma anche più in generale la storia del cristianesimo e la storia dell’arte. La mia ricerca - continua la professoressa Palumbo - mirava a capire l’origine dei quadrilli e perché solo a Procida sono utilizzati in una maniera, com’è stato detto, “alquanto inquietante”. È stato perciò possibile ipotizzare, con un certo margine di possibilità, un collegamento tra questi oggetti sacri e Alfonso Maria de Liguori, uno dei santi più importanti del Settecento italiano. Un’altra domanda alla quale ho cercato risposta è il perché dell’uso diversificato di questi oggetti a seconda del luogo. Tra i quadrilli che ho avuto l’opportunità di ammirare ce ne sono alcuni che hanno anche un significativo valore artistico e “materiale”, ricamati in seta e oro. Altri sono semplicissimi, magari ricamati da mani malferme. Un mondo tutto da scoprire come quello delle “bizzoche” che nella “lettura” dei quadrilli guadagnavano anche un rispetto diffuso e un ruolo socialmente significativo», conclude la professoressa Palumbo.

 
H  di  P