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Dopo i protagonisti, si passa ai comprimari che, talora, finiscono per assumere un rilievo smisurato a seconda della “sceneggiatura”.

Maria Ecaterina Pantir. Badante rumena dello zio/padre di Concetta (l’uomo, che viveva con la figlia/nipote, morirà nel settembre successivo alla scomparsa di Sarah). La governante, proprio in agosto, aveva ricevuto la visita del fratello e pare che costui avesse anche dato una mano in lavoretti di riparazione e manutenzione. Subito nel mirino, il Pantir viene scagionato perché già ripartito prima della sparizione di Sarah, ma le Misseri vi avevano alluso, dunque Maria Ecaterina andrà ad aggiungersi alle parti civili contro di loro. E fosse solo questo. Dirà qualcosa di determinante per l’accusa, come vedremo: vendetta?

Mariangela Spagnoletti. Amica intima di Sabrina, molto coinvolta nel suo giro di “vasche” serali, e giri per pub e birrerie, è sulla scena dei fatti, unica estranea al nucleo familiare, nell’arco di tempo fatale.

Anna Pisanò. Altrimenti detta “supertestimone”. Nelle cronache criminali, se ne trova spesso uno, che riferisce molte impressioni non avvalorate e pochi fatti: sembra questo il caso. Testimone di Geova come Concetta, non si rivela altrettanto riservata, come da dettami del culto.

Giovanni Buccolieri, il fioraio che avrebbe sognato la scena del ratto di Sarah da parte di Cosima, per strada; sua dipendente era la figlia della Pisanò, Vanessa Cerra.

Alessio Pisello, amico di Sabrina, molto attivo nelle ricerche subito dopo la scomparsa di Sarah.

Valentina Misseri. Sorella maggiore di Sabrina, fresca sposa al momento della disgrazia, in quei giorni si trovava a Roma, dove abita. Ha sempre sostenuto che, per sfortuna si fosse trovata ad Avetrana, sarebbe finita in carcere anche lei. Ha spiegato accuratamente che la logistica di casa Misseri escludeva una dinamica come quella descritta in sentenza.

I fatti

Sarebbe quantomeno consolante poter riferire di un crimine in termini di certezze, almeno in percentuale accettabile. Sarà che le vite sono complicate e il loro racconto le riflette, quando non le deforma; che la pistola fumante è rara; che i testimoni a volte si esaltano per il momento di celebrità: vuoi per questo, che per altro, la sentenza non ha offerto evidenze schiaccianti.

Interpelliamo per primo Claudio Scazzi, il quale ci fa sagacemente notare l’assurdità del ritrovamento del telefonino di Sarah ( in parte bruciato e privo di Sim) nei pressi del pozzo dove l’hanno gettata: perché non disfarsi di un oggetto incriminante? Dove era stato fino a quel momento? Dal 26 agosto fatidico alla “confessione” di zio Michele, che fece rinvenire il cadavere il 6 ottobre, nessuno si è preoccupato di perlustrare le proprietà dei Misseri, a iniziare dal villino di abitazione con annesso il fatidico garage o le campagne dove erano soliti lavorare, né di setacciare un territorio che, pur vasto, presenta il vantaggio di snodarsi in pianura, senza fratte o pendii, né tantomeno di valutare la presenza dei pozzi? Ce n’erano molti, si è detto. Vero: ma qui si parla dei terreni di una sola famiglia e non dovevano essere sterminati: alberi da frutto, pomodori, fagiolini, queste le principali colture cui si dedicavano Michele e Cosima, e lì si doveva andare insieme a loro, battendoli metro a metro. Concetta stessa aveva già direzionato le indagini verso l’ambito familiare, dunque…

Claudio però è attenzionato dai media abbastanza da far sorgere delle domande, alcune forse un po’ oziose, altre ancora senza risposta. Qualcuno osserva che, saputo della scomparsa della sorella, il giovane non si è subito precipitato ad Avetrana per aiutare nelle ricerche: ma è ipotizzabile che, appena rientrato al lavoro, contasse su ( e sperasse in) una soluzione meno tragica, magari un rientro dopo una scappatella, pronto a dare una mano in ogni caso. Più interessanti, invece, appaiono le riflessioni sul suo ruolo nella cerchia in cui erano coinvolti i giovani parenti, sorellina compresa.

Sceso per le ferie di rito, anziché godersi il riposo e il divertimento, egli si infila subito nel chiacchericcio più hard (Sabrina dirà di lui “ Claudio non si fa mai i fatti suoi”). Se il teorema accusatorio si basa da una parte sulla feroce gelosia di Sabrina verso Sarah a causa di Ivano, è pur vero che esso è stato puntellato dall’idea che la piccola Scazzi avesse parlato in giro sul “due di picche” che Sabrina si era presa da Ivano in procinto di far l’amore, ma non sarebbe andata proprio così. In realtà la giovinetta ne avrebbe accennato in casa, Claudio aveva saputo ed era andato, in un certo senso, a “sfottere” Russo sull’incidente erotico.

Quindi non era Sarah la “colpevole” di aver diffuso il “pastiche”: giovanissima, non “si teneva” niente e si era confidata con il fratellone che per poco ancora avrebbe avuto vicino. La stessa Sabrina, poi, avrebbe avuto di che riflettere sulla sua propensione a raccontarsi senza freni. In ogni caso, notiamo che l’accusa ha un piano A e un piano B, due moventi intercambiabili o integrabili.

Continua...