La riforma della sanità che non funziona. Se ne è parlato all'incontro organizzato dal consigliere regionale Marco Carra, segretario della Commissione Sanità, al quale ha partecipato il collega Carlo Borghetti, capogruppo del Pd in Commissione.A che punto è la Riforma sanitaria di Maroni? A quattro anni dal suo annuncio (2013) e a due anni dal voto in Consiglio regionale (5 agosto 2015) è ormai tempo di bilanci. E da più parti (cittadini, operatori, associazioni, sindacati…) arriva ormai la stessa identica valutazione: la Riforma non funziona.
Le liste d’attesa sono lunghe come prima, soprattutto per chi non ha i soldi per pagarsi visite ed esami nel privato;
i Pronto Soccorso sono intasati come prima, e addirittura -secondo i dati raccolti in alcuni ospedali- sono aumentati i codici bianchi (cioè le prestazioni “leggere” che dovrebbero essere date in strutture alternative ai Pronto Soccorso, che però non sono ancora nate);
i servizi territoriali (consultori, ambulatori, punti prelievi…) sono indeboliti o addirittura chiusi in molti territori, anziché rilanciati come promesso, a dispetto dell’obiettivo della maggiore “presa in carico” declamato dalla Riforma (che a Milano città non è nemmeno ancora partita per i servizi territoriali!);  

il “ticket zero” annunciato da Maroni sui manifesti che hanno tappezzato la Regione durante le campagne elettorali, è rimasto uno slogan, a dispetto dell’obiettivo della rimodulazione per fasce di reddito approvato dal Consiglio regionale;
le strutture intermedie tra l’ospedale e la famiglia, nella Riforma immaginate per la degenza leggera, la riabilitazione e la cronicità, che in Lombardia non erano mai state realizzate, non sono ancora nemmeno oggetto di una programmazione regionale (solo 4 strutture POT avviate in 19 mesi), a dispetto dell’obiettivo della “continuità assistenziale” declamato dalla Riforma;
i Comuni (che si occupano dei servizi sociali) non sono stati considerati nella programmazione dei servizi socio-sanitari, come del resto avevamo tristemente pronosticato, visto che la Riforma li aveva esclusi, e così i Piani di zona sociali dei Comuni continuano a non essere integrati con i Piani organizzativi fatti dalle nuove aziende socio-sanitarie (i POAS, tra l’altro ancora in attesa di approvazione da parte della Regione!), a dispetto dell’obiettivo della “integrazione” declamato dalla Riforma;
i medici di famiglia, che dovevano negli auspici di tutti essere coinvolti nella Riforma, non solo non sono stati coinvolti ma, per effetto di recenti atti regionali, tra qualche mese saranno di fatto clamorosamente esclusi dalla gestione dei loro pazienti cronici, sostituiti da “enti gestori” (ne parleremo prossimamente)…
La nostra speranza è nulla, perché nessun passo avanti si è visto in questi anni. E non si dica che c’è un problema di soldi o che il Governo romano è cattivo con la Lombardia: ci sono una infinità di buone cose che potevano essere già state fatte da tempo, a parità di costi per il sistema, e in autonomia, ma non c’è stata la capacità o la volontà politica di farlo.