“Il Governo oggi ha tracciato la politica economica per i prossimi anni, una linea fatta di stabilità, credibilità e crescita. Rivediamo al rialzo con responsabilità le stime del Pil e proseguiamo il percorso di riduzione del debito pubblico. Sono le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa. Abbiamo, inoltre, deciso lo stato di emergenza sull’immigrazione per dare risposte più efficaci e tempestive alla gestione dei flussi”.
Così la Premier Meloni ha commentato il Documento di Economia Finanza licenziato ieri nel CdM n. 28, con questa nota da parte del governo:
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato il Documento di economia e finanza (DEF) 2023, previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).Il Documento delinea i tre principali obiettivi programmatici della politica economica e di bilancio del Governo per il medio termine:
- la rinuncia graduale ad alcune delle misure straordinarie di politica fiscale attuate negli scorsi tre anni e l’individuazione di nuovi interventi a sostegno dei soggetti più vulnerabili e per il rilancio dell’economia;
- la riduzione graduale, ma in misura sostenuta nel tempo, del deficit e del debito della pubblica amministrazione in rapporto al prodotto interno lordo (PIL). Il Governo conferma gli obiettivi di indebitamento netto in rapporto al PIL già dichiarati a novembre nel Documento Programmatico di Bilancio (DPB), ossia 4,5 per cento quest’anno, 3,7 per cento nel 2024 e 3,0 per cento nel 2025. L’obiettivo per il 2026 viene posto pari al 2,5 per cento;
- il sostegno alla ripresa dell’economia italiana, volto a conseguire tassi di crescita del PIL e del benessere economico dei cittadini più elevati di quelli registrati nei due decenni scorsi.
Nel breve termine, si opererà per sostenere la ripartenza della crescita segnalata dagli ultimi dati, nonché per il contenimento dell’inflazione. Il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5 per cento) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima adozione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sul periodo maggio-dicembre di quest’anno. Ciò sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie e contribuirà alla moderazione della crescita salariale. Unitamente ad analoghe misure contenute nella legge di bilancio, questa decisione testimonia l’attenzione del Governo alla tutela del potere d’acquisto dei lavoratori e, al contempo, alla moderazione salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi. Anche per il 2024, le proiezioni di finanza pubblica mostrano che, dato un deficit tendenziale del 3,5 per cento, il mantenimento dell’obiettivo del 3,7 per cento del PIL creerà uno “spazio di bilancio” di circa 0,2 punti di PIL, che sarà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, al finanziamento delle cosiddette ‘politiche invariate’ a partire dal 2024 e alla continuazione del taglio della pressione fiscale nel 2025-2026, e concorrerà a una significativa revisione della spesa pubblica e a una maggiore intesa tra fisco e contribuente.In tale contesto, le previsioni di crescita del PIL del DEF sono le più prudenti, intente all’elaborazione di proiezioni di bilancio ispirate a cautela e affidabilità. Nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il PIL è previsto crescere in termini reali dello 0,9 per cento nel 2023 – dato rivisto al rialzo in confronto al Documento programmatico di bilancio (DPB) di novembre, in cui la crescita del 2023 era cifrata in uno 0,6 per cento – e quindi all’1,4 per cento nel 2024, all’1,3 per cento nel 2025 e all’1,1 per cento nel 2026.Grazie alle nuove misure fiscali per il 2023 e 2024 delineate, la crescita del PIL nello scenario programmatico è prevista pari all’1,0 per cento quest’anno e all’1,5 per cento nel 2024.
Questo il commento dei sindacati a quanto annunciato dal governo (fonte Cgil):
Sordità, questa sembra la caratteristica del governo Meloni. Incapacità di ascoltare le istanze, le domande e le motivazioni che arrivano dal mondo del lavoro. Il Def appena varato dal consiglio dei Ministri è lì a testimoniarlo. Giusto una settimana fa Cgil, Cisl e Uil hanno reso noto un Documento unitario alla base della mobilitazione che, cominciata ad aprile con le assemblee in tutti i luoghi di lavoro, vedrà a maggio lavoratori e lavoratrici in piazza.Testi ufficiali ancora non ci sono, sembra ormai questa la moda diffusa dal governo. Si annuncia il varo di provvedimenti che poi si diffondono per titoli, ma non con norme scritte e per tabelle, ma tant’è. Da quel che si può capire dal comunicato diffuso dalla presidenza del Consiglio, gli spazi fiscali sono così limitati che si rischia di non avere nulla per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e per l’adeguamento all’inflazione, nulla per la sanità, nulla per il welfare, nulla per le pensioni, nulla per il caro energia, nulla per salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nulla per la legge delega fiscale.Il documento di Cgil, Cisl e Uil invece sottopone all’esecutivo e alla politica una serie di priorità che per il mondo del lavoro sono imprescindibili. Per il mondo del lavoro e per la società tutta. Vediamole.
- Tutela dei redditi dall’inflazione e aumento del valore reale delle pensioni e dei salari, rinnovo dei contratti nazionali dei settori pubblici e privati.
- Riforma del fisco, con una forte riduzione del carico su lavoro e pensioni, maggiore tassazione degli extraprofitti e delle rendite finanziarie.
- Potenziamento occupazionale e incremento dei finanziamenti al sistema sociosanitario pubblico per garantire il diritto universale alla salute e al sistema di istruzione e formazione, maggiore sostegno alla non autosufficienza.
- Un mercato del lavoro inclusivo per dire no alla precarietà, orientato e garantito da investimenti, da un sistema di formazione permanente, da politiche attive, e da ammortizzatori sociali funzionali alla transizione.
- Basta morti e infortuni sul lavoro, contrasto alle malattie professionali. Occorre ridare valore al lavoro, eliminare i subappalti a cascata e incontrollati, e portare avanti una lotta senza quartiere alle mafie e al caporalato.
- Riforma del sistema previdenziale.
- Politiche industriali e d’investimento condivise con il mondo del lavoro per negoziare una transizione ambientale sostenibile, sociale e digitale, realizzando un nuovo modello di sviluppo con particolare attenzione al Mezzogiorno e puntando alla piena occupazione.
Cosa c’è nel Def?Il mantenimento del deficit al 4,5% del Pil consente al governo di disporre di circa 3 miliardi di euro che saranno destinati, così è scritto nel comunicato di Palazzo Chigi, al “taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi a valere sul periodo maggio-dicembre di quest’anno”. Buona notizia? Sufficiente a rispondere alla necessità di sostenere i redditi di lavoratori e pensionati? Assolutamente no. E, come detto, per di più è un provvedimento dalla durata limitata. Dopo dicembre che cosa succederà?“Se c’è una cosa che dice il Def è che le risorse non sono sufficienti”: lo afferma Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, che aggiunge: “È un Documento poverissimo anche e soprattutto in termini di mancanza di visione”. E infatti, sostiene la dirigente sindacale. “il Def cammina sulla strada dell’austerity in maniera addirittura più vigorosa rispetto agli anni passati. Si rischia di non avere risorse per la sanità, il welfare, la previdenza, il lavoro e il rinnovo dei contratti pubblici, e nemmeno quelle per gli investimenti a sostegno del Pnrr, a cominciare dalle assunzioni necessarie per aumentare la capacità amministrativa che chiede l’Europa”.Occorre non dimenticare che un mese fa circa il governo ha licenziato la delega fiscale, certo molto contrastata dai sindacati. “Ma – si domanda Fracassi - se mettiamo insieme il tema Def con la riforma fiscale non si comprende con quali risorse si possano sostenere ad esempio le misure propagandate dal governo, come la flat tax, se non, come noi temiamo, con una forte riduzione della spesa corrente e di quella destinata allo Stato sociale. Tanto più in un contesto in cui il costo del debito va oltre i 100 miliardi annui”.Infine, occorre ricordare che nelle prossime settimane si chiuderà la discussione sulla governance economica europea. “Le scelte che verranno definite faranno la differenza per permettere o non permettere ulteriori margini di spesa per investimenti”, commenta ancora Fracassi.Scarsità di risorse, dicevamo, anche se nel nostro Paese la quota di evasione ed elusione fiscale è talmente alta che con quella si potrebbero risolvere una serie di questioni rilevanti, se solo si volesse davvero affrontare la questione. A questo proposito, sottolinea Fracassi, “in tutto questo si continuano a licenziare norme molto gravi che favoriscono i non pagamenti delle tasse, basti pensare a ciò che è stato stabilito nel decreto Bollette sulla non punibilità di alcuni reati”.