Foto come questa non fanno ridere ma riflettere amaramente: sono la carta d'identità di un italiano simbolo di una realtà boccaccesca, decameroniana.  Sono il manifesto dell'ignoranza più misera, di un umanoide spogliato della consapevolezza della propria umanità.

Le reazioni che il mio articolo ha suscitato offrono uno spaccato doloroso e illuminante sulla persistenza del maschilismo e della misoginia nella nostra società. Il fatto che una discussione critica su un'opera d'arte — quella di Gaetano Pesce su Pulcinella — abbia scatenato risposte così violente, volgari e sessiste è la prova lampante di quanto sia radicata la difesa di una visione patriarcale e mascolina del mondo. Le reazioni che ho ricevuto alla mia persona vanno ben oltre il semplice dissenso o dibattito culturale: sono espressioni di un disagio profondo e una resistenza feroce al cambiamento.

Ne riporto qui solo alcuni:

- Pensa a fare i tortellini.

- Ha parlato la femminuccia.

- Secondo me, l'autrice non vede un fallo da molto tempo, per questo odia i falli. Lei si accontenta di guardare il fallo di Rocco Siffredi durante le sue performance sessuali. In quel caso per lei il fallo non è segno di mascolonità, soprattutto quando è duro come il mausoleo dell'artista.

- Lei è una fottuta femminista che vorrebbe demonizzare la mascolinità.

- Queste femministe al giorno d'oggi odiano tutte il maschilismo ma quando si tratta di cacciare i soldi il maschilismo sparisce e diventa una cosa buona e giusta.

- L'autrice di questo articolo odia il fallo perché lo considera sinonimo di maschilismo prevaricatore. Quindi, non dovrebbe nemmeno fare sesso perché sarebbe un paradosso. Che fa, autoerotismo mentre il povero marito va a pu*****?

- Molte femministe sono lesbiche, invasate e ti assicuro che vanno evitate come il Covid.

- Sei una fottuta femminista di merda.

- Dovresti farti sbattere di più.

Analizzando i commenti, vedo emergere dinamiche tipiche della retorica misogina.  Stereotipi di genere: Commenti come "Pensa a fare i tortellini" o "Ha parlato la femminuccia" cercano di ridurre me, come donna, a ruoli tradizionali di cura e sminuiscono la mia opinione, come se non fosse degna di discussione. Questo riflette la volontà di mantenere il dominio patriarcale, dove le donne devono rimanere relegate in ambiti domestici e privati.

Sessualizzazione e violenza verbale: Frasi come "Dovresti farti sbattere di più" o insinuazioni sulla mia vita sessuale sono attacchi che non solo tentano di umiliarmi, ma vogliono riaffermare un controllo maschile sul corpo e sulla sessualità delle donne. Quando la critica è sessualizzata, si riduce la mia intellettualità a un problema di frustrazione sessuale, come se noi donne fossimo governate solo dai nostri desideri e non dalle nostre capacità mentali o artistiche.

Mascolinità tossica: Alcuni commenti cercano di proteggere un'idea distorta di "mascolinità", come quella che ruota intorno al fallo, simbolo di potere e dominio. La difesa del fallo come totem mascolino diventa una giustificazione per l'aggressività, la violenza e la supremazia. Le allusioni alla pornografia (Rocco Siffredi) dimostrano un’ossessione con una visione della virilità estremamente limitata, che vede la mascolinità solo in termini di potenza sessuale, ignorando che essa sia in realtà un concetto molto più ampio e complesso.

Disprezzo per il femminismo: Il femminismo viene presentato come un movimento che odia gli uomini, quando in realtà si batte per l'uguaglianza e la giustizia sociale. Commenti come "Sei una fottuta femminista" dimostrano quanto la parola "femminista" sia diventata una minaccia per certi uomini che si sentono messi in discussione nelle loro posizioni di potere. La paura del cambiamento sociale è evidente in questi attacchi, che demonizzano un movimento che lotta per eliminare le disparità di genere.
Questa aggressione verbale non è solo un riflesso della violenza culturale, ma è anche un indicatore di una fragilità profonda. Molti uomini, soprattutto quelli che fanno questi commenti, si sentono minacciati dal femminismo perché mette in discussione un ordine gerarchico che ha sempre garantito loro il privilegio di essere al centro. La reazione di chi insulta, offende e denigra è la manifestazione di una paura del declino di un modello di mascolinità egemonica che non ha più spazio nella società contemporanea. L'idea arcaica di un "diritto" sul corpo femminile,  che ha radici nella pratica dello ius primae noctis, è particolarmente incisiva proprio in questo contesto, ed è ancora metaforicamente presente in molti atteggiamenti odierni. Nonostante le conquiste fatte dalle donne nel corso dei secoli, esiste ancora una percezione, più o meno esplicita, che i nostri corpi appartengano al controllo degli uomini. Lo dimostrano i tanti femminicidi e la persistenza di atteggiamenti sessisti. La rabbia e l'odio verso noi donne che sfidiamo questa narrativa rappresentano il sintomo di una malattia sociale profonda, che non può essere ignorata.

Le reazioni al mio scritto dimostrano quanto sia essenziale continuare a discutere, a interrogarci e a denunciare queste dinamiche. La resistenza che sto incontrando è un chiaro segnale che sto toccando un punto nevralgico, uno dei nodi irrisolti della nostra società: il bisogno disperato di alcuni uomini di riaffermare la propria superiorità su un'idea di "donna" che non esiste più, o che almeno non dovrebbe esistere. Se questo è il profilo dell'italiano medio che si può incontrare ovunque — che sia operaio, medico, ingegnere o disoccupato, indipendentemente dalla categoria — immaginate allora cosa possa significare avere uomini con simili mentalità all'interno della classe politica, lo specchio e la rappresentanza del nostro paese! La cosa veramente grave, gravissima, è che da una parte si finga costernazione per i tanti femminicidi nel nostro Paese, e dall'altra si accetti con la leggerezza goliardica un'opera becera che va ben oltre il semplice cattivo gusto. In tutti i fatti di cronaca nera resta in filigrana la convinzione di fondo che "tanto quella se l'era andata a cercare". La panacea delle giustificazioni. Concludo dicendo che le reazioni misogine, nonostante la loro violenza, non fanno altro che confermare l'importanza del mio lavoro. Continuare a parlare di questi temi, anche di fronte a un'opposizione così ostile, è essenziale per smantellare un sistema che continua a giustificare il maschilismo, sia in arte che nella vita quotidiana.