Quest'oggi sono così presuntuoso da riconoscere che non capisco nulla dei minuetti che da settimane accompagnano le piroette postelettorali.
Lo so che non avrei dovuto scrivere presuntuoso bensì umile, modesto o semplicione.
Siccome, però, sul palcoscenico politico si stanno esibendo tanti spocchiosi, supponenti, spacconi, palloni gonfiati, per capirli vorrei tentare di elevarmi al loro livello e, quindi, sentirmi presuntuoso, sempre che ci riesca.
Comunque, da Grumello del Monte dove si trovava per la festa leghista, Salvini ha rinnovata la sua disponibilità ad un eventuale preincarico per formare un governo “partendo dal centrodestra che è la prima coalizione e ha vinto in Molise e Friuli”.
Già il fatto che lui insista nel definire coalizione la congerie eterogenea di tre partiti che si sono presentati il 4 marzo ognuno per conto suo, con un proprio simbolo, un proprio programma ed un proprio candidato premier, la ritengo una presa per i fondelli di tutti noi.
Quando poi arriva a citare la vittoria in Molise dove, senza i voti di 5 formazioni estranee, il fantomatico centrodestra di Lega, FI, FdI ed UdC ha ottenuto solo il 27,1% dei consensi piazzandosi secondo dopo il 38,5% del M5S, allora non posso fare a meno di ridere a crepapelle.
Tornando, però, a Salvini ed alla sua frenesia di ottenere il preincarico, trovo insensata e sorprendente la sua insistenza nel chiedere che il M5S si segga al tavolo “con la squadra che ha vinto, il centrodestra”.
Ora, o si mette in dubbio la capacità intellettiva del segretario leghista oppure è legittimo pensare che lo stesso stia perseguendo un suo disegno subdolo per mettere nel sacco il M5S in vista del sempre più vicino ritorno alle urne.
Salvini, che da settimane continua ad incassare i reiterati no di Di Maio a qualsivoglia trattativa con un centrodestra in cui a farla da padrone sia sempre Berlusconi, è perfettamente conscio che, se riuscisse a portare allo stesso tavolo Berlusconi e Di Maio, sarebbe pressoché certo il suicidio del M5S.
Se questo è l’infido obiettivo di Salvini, dal canto suo Di Maio, per quanto sprovveduto, sa che cadendo nel tranello tesogli dal segretario leghista gran parte degli undici milioni di elettori che il 4 marzo hanno votato M5S si volatilizzerebbe e, probabilmente, andrebbe ad ingrossare proprio le file leghiste.
Peraltro è vero che Di Maio si sia lasciato ingannare per troppo tempo dalle pantomime con cui Salvini dichiarava, a giorni alterni, o la volontà di svincolarsi o la fedeltà a Berlusconi, ma può darsi che oggi abbia aperti gli occhi.
La verità è che Salvini né oggi né mai potrà uscire dalle catene che impediscono a lui ed alla Lega di sganciarsi da Berlusconi.
I perché di questo vincolo, apparentemente solo etico ed affettivo, li espone Gigi Moncalvo in una intervista rilasciata giorni fa a Luca Sommi del FQ.
Moncalvo, giornalista e conduttore televisivo, leghista della prima ora e molto vicino ad Umberto Bossi, è stato tra l’altro direttore del quotidiano La Padania dal 2002 al 2004.
Ora, al di là di ricordare che Salvini sia stato un antesignano dei “furbetti del cartellino” perché a La Padania “non si presentava al lavoro ma firmava la presenza”, Moncalvo argomenta della sovranità limitata del segretario leghista che “non può staccarsi da Berlusconi neanche se lo volesse”.
Il vero motivo, secondo l’ex direttore di La Padania, è legato ad un vecchio contratto, e riferisce che nel 2000 Berlusconi “porta Bossi da un notaio a Milano, in via Abbondio Sangiorgio, e fa mettere nero su bianco un accordo a tempo indeterminato”.
In cambio della rinuncia a tutte le cause civili allora intentate nei confronti della Lega e dell’impegno ad “appianare i tanti debiti della Lega, soprattutto quello contratto per la sede faraonica di via Bellerio”, Berlusconi ottiene “la proprietà del simbolo della Lega Nord, quello con il guerriero con lo spadone, vale a dire Alberto da Giussano”.
In base a questo atto notarile, quindi, il simbolo della Lega sarebbe di proprietà di Forza Italia, per cui la Lega con il suo simbolo non potrà più presentarsi alle elezioni politiche senza allearsi con Forza Italia.
Questo spiegherebbe anche la impazienza di Salvini ad ottenere subito dal presidente Mattarella il preincarico, ultima ed unica possibilità per lui di diventare premier.
È consapevole, infatti, che nel momento in cui Berlusconi fosse riabilitato da una sentenza del Tribunale, premier incontrastato del centrodestra, a tutti gli effetti, ritornerebbe ad essere Berlusconi.
A quel punto Salvini o si adeguerebbe ad essere sempre il secondo, anche se la Lega prendesse più voti di FI, oppure dovrebbe iniziare da zero fondando un nuovo partito con un nuovo simbolo e ... senza il supporto finanziario di Arcore.