Uno studio della Banca d’Italia dal titolo “New facts on consumer price rigidity in the Euro Area” (La determinazione dei prezzi al consumo in Italia), ha effettuato un’analisi su 11 paesi dell’Eurozona tra gli anni 2010-2019, prima della recente impennata dell’inflazione.

Da esso emerge che circa il 12,3% dei prezzi, ogni mese, subisce una variazione. Ci sono inoltre delle differenze molto marcate tra i vari settori, ben più che tra i vari paesi.

In particolare, i prezzi degli alimentari non trasformati sono quelli che cambiano con maggiore frequenza: il 31%, in media, ogni mese. Assai minore è la variazione registrata nei servizi (6%).

Rispetto all’Eurozona, i prezzi vengono aggiornati con frequenza molto maggiore negli Stati Uniti, dove le modifiche mensili riguardano quasi un prodotto su cinque (il 19,3%), “tuttavia – dice Bankitalia – se escludiamo le variazioni di prezzo dovute ai saldi, la differenza si riduce in modo significativo” perché i dati si ridimensionano al 10% per gli Stati Uniti e all’8,5% per l’area dell’euro.

Inoltre, nell'Eurozona, anche l’ampiezza delle variazioni di prezzo su base mensile è piuttosto significativa: l’aumento mediano è pari al 9,6%, mentre la diminuzione mediana arriva al 13% (se si escludono i saldi, le percentuali scendono rispettivamente al 7 e al 10%). Anche in questo caso “la variazione mediana in entrambe le direzioni è minore per i servizi rispetto agli altri prodotti”.