In Niger si spostano gli equilibri. Il recente golpe avvenuto nello Stato africano, che ha messo al comando il sovranista Abdourahmane Tchiani, rischia di destabilizzare i piani dell’occidente. Ma di quali piani stiamo parlando?

Nonostante in molti si riempiano la bocca parlando del ristabilire un governo democratico a Niamey, quello che in realtà muove un tale intento, non è certamente un fine prettamente etico, ma legato anzi all’approvvigionamento di materie prime, una su tutte: l’uranio.

Anche il gas pare essere al centro dell’attenzione dell’occidente, specie nella fascia mediterranea, dove dovrebbe terminare il percorso di un gasdotto, il cosiddetto Trans-Saharan Gas Pipeline (TSGP), progetto discusso sin dai ‘70 e che potrebbe non vedere mai la luce, dal momento che avvantaggiare i paesi occidentali non è, com’è ovvio, nelle attuali mire del nuovo governo del Niger.

Francia e Usa sembrano invece preoccupati più che altro per l’importazione di uranio, che potrebbe ritrovarsi ad avere una spiacevole battuta d’arresto che condizionerebbe la situazione energetica di tali paesi, i quali mantengono comunque una partnership con la Russia, dal momento che quando si parla di materie prime di tale importanza, si possono anche accantonare eventuali sanzioni, a dimostrazione dell’ipocrisia di talune scelte politiche occidentali.

Tuttavia Washington e Parigi paiono non voler mollare la presa sul Niger, dove continuano a tenere stanziati dei contingenti militari a garanzia della sicurezza sullo sfruttamento dei giacimenti di uranio.