L'8 marzo, Napolitano rilasciava questa dichiarazione: «Certamente, non si è mai posto il problema di andare con migliaia di militari in Libia. C'è un altro problema, quello di avere un ruolo nella costruzione di una nuova legittimità nazionale e nel preservazione della integrità territoriale in Libia. Il governo è prudente perché se non ci chiamano, nemmeno ci si va. Figuriamoci se ci si va con migliaia di militari senza neanche essere chiamati. Questo non esiste».

Il giorno dopo, in Senato, in risposta alle comunicazioni del ministro degli Esteri Gentiloni, Napolitano interveniva in aula, sostenendo che è giusta la prudenza sulla Libia evocata dal Governo, «ma generare l'illusione che non abbiamo nel nostro futuro alcun possibile intervento con le nostre forze armate, sarebbe ingannare l'opinione pubblica a un pacifismo vecchio stampo che non corrisponde alla realtà di un mondo in ebollizione».

Se aggiungiamo queste dichiarazioni a quelle del ministro della difesa, del ministro degli esteri, del presidente del consiglio ed altri, le conclusioni cui è possibile arrivare sono quelle di una grande confusione determinata dal fatto che il governo vuole intervenire in Libia, anche per fare la cosiddetta classica bella figura con gli alleati Nato, e prima di tutto con gli USA, ma nella decisione pesano i sondaggi che non vedrebbero tale scelta condivisa dalla maggior parte degli italiani.

Non appena il governo riuscirà a convincere l'opinione pubblica italiana che lo Stato Islamico è un pericolo ineludibile per il territorio italiano, il governo potrà inviare tutti i militari che gli USA e gli altri alleati ci chiederanno.