Il primo maggio del 1947 a Portella della Ginestra, una località a pochi chilometri da Palermo, si consumò la prima strage mafiosa dell’Italia repubblicana.

Furono massacrati anche donne e bambini, che erano riuniti con il loro sindacato per festeggiare il primo maggio e rilanciare la loro lotta per l’occupazione delle terre incolte non concesse dai latifondisti siciliani per non alterare il sistema socio-economico e di potere allora vigente in Sicilia.

Per la difesa dei loro diritti e per la loro stessa esigenza di sopravvivenza morirono nove persone, due i bambini, decine i feriti, alcuni dei quali gravissimi. Questa strage segna la prima di quelle restate avvolte dai segreti, dai depistaggi, dall’intreccio tra mafia, politica, servizi deviati.

Per un segno di solidarietà e di memoria della loro giusta battaglia voglio ricordarli tutti e undici: Margherita Clesceri, Giorgio Cusenza, Giovanni Megna, Francesco Vicari, Vito Allotta, Serafino Lascari, Filippo Di Salvo, Giuseppe Di Maggio, Castrense Intravaia, Giovanni Grifò, Vincenza La Fata.

A tanti questi nomi diranno poco o nulla ma è giusto che il primo maggio ricordi anche le vittime ormai dimenticate affinché l’oblio non sia perenne.

Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). E' ricercatore dell'Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.