Uno degli aspetti più paradossalmente ironici che caratterizzano la vigilia dell'elezione al nuovo inquilino del Quirinale è l'appellativo "King Maker" associato alla forza politica che in base ai numeri dovrebbe indicarne il nome.
Appellativo che per primo ha diffuso il "decisivo" Matteo Renzi, forse confuso dalle frequenti visite alla corte saudita, e subito ripreso dagli avveduti giornalisti italiani, sempre attentissimi e prontissimi a raccogliere gli assist di un personaggio di sì tanto spessore... anche se qualitativamente indefinibile.
In Italia, però, l'ultimo re è stato quello di maggio, messo alla porta nel 1946 e da allora si eleggono solo dei presidenti della Repubblica, carica divenuta importantissima, e non più solo di rappresentanza, a difesa della Costituzione nel momento in cui si sono dissolti i partiti della prima Repubblica, sostituiti da dei capipopolo di scarso e/o nullo livello etico e culturale.
Uno di questi capipopolo, anzi il primo in assoluto, a fine vita si è intestardito nel voler diventare primo cittadino italiano. Una bizzarria, bisogna riconoscere, che dal punto di vista logico ha una sua ragion d'essere. Infatti, dopo aver screditato Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi vuole fare cappotto e completare l'opera screditando anche il Quirinale.
I comici italiani e non solo hanno già inviato offerte votive a tutti i santi di loro conoscenza perché si adoperino perché ciò avvenga... avrebbero il pane assicurato per i prossimi 7 anni, nel caso l'ex cavaliere venisse eletto.
Lui fa di tutto per riuscirci, inventandosi statista stimato e rispettato persino in Europa, con i suoi beneficiati che lo supportano in tale messinscena sfidando pure il ridicolo, come dimostra l'odierna dichiarazione di Mara Carfagna:
"Ho trovato politicamente inconsistente il ragionamento su Berlusconi divisivo. Fino a ieri Berlusconi era considerato dalle sinistre in modo diametralmente opposto, direi condivisivo, nel senso che la sua presenza moderata, europeista, liberale consentiva di condividere soluzioni di governo altrimenti impossibili".
E se Sgarbi rivela che il "Piano scoiattolo" (sic!) non avrebbe dato i frutti sperati (convincere telefonicamente, uno per uno, i grandi elettori possibilmente indecisi a votare per lui), Tajani ricorda che spetta solo a Berlusconi dichiarare pubblicamente se voglia o non voglia farsi eleggere capo dello Stato, specificando che il centrodestra all'unanimità gli ha chiesto di candidarsi e pertanto solo a lui tocca a sciogliere la riserva.
In attesa di conoscerne il responso, nel frattempo, a noi umilissimi mortali resta solo da dire meno male che Silvio c'è...