La scorsa notte sono proseguite le proteste a Beirut, mentre il numero di vittime per l'esplosione di una settimana fa è adesso salito a più di 200.

Ancora una volta gli scontri sono scoppiati vicino al palazzo del Parlamento, con i dimostranti che lanciavano petardi e la polizia che rispondeva sparando gas lacrimogeni.

Già da qualche ora il governo aveva presentato le proprie dimissioni, con il primo ministro Hassan Diab che ha motivato l'esplosione come conseguenza di anni di corruzione endemica che hanno devastato il Paese, evitando però accuratamente di assumersi qualsiasi responsabilità.

Nonostante i disordini e le dimissioni del Governo, a Beirut l'indagine per stabilire cause e responsabilità per quanto accaduto, promessa dal governo libanese, prosegue e si sta focalizzando sulla nave Rhosus, che trasportava il nitrato d'ammonio, e su quello che l'equipaggio considerava l'armatore di fatto della nave, il russo Igor Grechushkin, interrogato nei giorni scorsi dalla polizia cipriota su richiesta dell'Interpol. 

Nel frattempo, l'agenzia Reuters, quest'oggi ha dichiarato che i vertici delle istituzioni libanesi già il mese scorso erano stati informati che le 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio immagazzinate nel porto di Beirut rappresentavano un rischio per la sicurezza, tanto che, se fossero esplose, avrebbero potuto distruggere la capitale.