Si è chiusa alla Gregoriana una sessione di studio di due giorni sui temi della libertà religiosa e della cultura dell'incontro. Il direttore del Centro Studi Interreligiosi, Bongiovanni: tutti i tentativi di mettere tra perentesi il discorso religioso, sia in maniera violenta che un po’ più sofisticata, falliscono perché il bisogno più profondo dell’uomo è rapportarsi sempre con una dimensione trascendente. L'importante è che l'identità religiosa sia aperta e dinamica.
Ed a partire dal Convegno i preti sposati italiani rilanciano la storia di don Giuseppe Serrone e della moglie Albana, testimoni di pace che hanno pagato con la loro vita la scelta di trasparenza delle dimissioni e del matrimonio religioso.
Albana è arrivata in Italia nel 1999 per raggiungere suo fratello insieme a sua madre. Il tempo le ha portato un amore profondo: quello con padre Giuseppe, nato come una grande amicizia che oggi è diventata famiglia. Ma dopo troppe umiliazioni.
«Perché un prete non si può innamorare?», mi domanda Albana, arrivata in Italia dall'Albania nel 1999, quando inizia a raccontare la sua storia. Voleva raggiungere il fratello qui già da due anni e insieme a lui tornare a studiare, trovare un lavoro. Costruirsi un futuro.Il primo ad aiutarla è stato padre Giuseppe, il responsabile del centro di accoglienza nel viterbese in cui è rimasta per alcuni giorni. «Ero disoccupata e padre Giuseppe, in seguito ad un incidente, aveva bisogno di essere assistito per le faccende quotidiane. Così ho iniziato a lavorare per lui, con la possibilità di vivere nella casa canonica insieme a mia madre. Lui invece andava a dormire in sagrestia per non creare malcontento tra i parrocchiani».
L'esperienza dell'Albania come processo culturale di coesistenza fra le etnie e le appartenenze religiose. Di questo si è parlato nei due giorni di studio (28 e 29 settembre) "Il dialogo interreligioso: il contributo dell'Albania nei Balcani" organizzati alla Pontificia Università Gregoriana dal Centro Studi Interreligiosi del medesimo ateneo.
L'armonia, chiave del dialogo interreligioso
Attraverso i contributi scientifici e le testimonianze di laici e religiosi - in particolare dei gesuiti, i quali molto si sono adoperati in Albania soprattutto nel campo pedagogico per circa un secolo fino alla metà del novecento, e poi dagli anni '90 a tutt'oggi - il seminario è stato un'opportunità per approfondire i temi della libertà religiosa, della cultura dell'incontro, del relativismo religioso e dei processi di secolarizzazione considerati come occasioni, e non solo crisi, del presente, del ruolo chiave svolto dalle scuole cattoliche per la maturazione di una identità nazionale e di una attitudine all'inclusività e alla promozione del bene comune. In una fase di forte polarizzazione internazionale, il valore del dialogo interreligioso rischia di diventare ostaggio di visioni concorrenti, è emerso dal convegno, e di essere strumentalizzato da chi ne contesta l'universalità.
Dopo il primo periodo in Italia, Albana è stata richiamata dal consolato per i documenti necessari al permesso di soggiorno. In quell'occasione, padre Giuseppe decise di raggiungerla per aiutarla a velocizzare l’iter burocratico. La Curia però non lo sostituì per quei giorni e quando la domenica non venne celebrata la Messa, alcuni giornali locali titolarono “Sacerdote in fuga”. «Tra noi fino a quel momento c’era solo una grande amicizia. Io mi sentivo molto legata a lui e in quei giorni gli dissi che avremmo potuto creare la nostra famiglia insieme». Così padre Giuseppe decise di dare le dimissioni e sposare Albana. «Fu una scelta dettata dal nostro amore che stava nascendo ma che nel Paese non venne accettata».
Una mattina, alcuni abitanti, si trovarono davanti a casa di Albana e gridando il suo nome tirarono delle pietre contro la sua abitazione.
«Dopo quell’episodio venni ricoverata in ospedale psichiatrico per venti giorni a Mestre. Stavo molto male, una condizione che non avevo mai provato prima». Per ricominciare a vivere davvero, Giuseppe ed Albana hanno cambiato città, amici, abitudini. «Abbiamo scelto Reggio Emilia e ci siamo trasferiti. Io ho ripreso a ricamare, la mia passione, e partecipo a mostre e fiere di artigianato. Adesso, dopo quasi 23 anni di matrimonio, siamo felici come non lo siamo mai stati. L'amore è il dono più grande».
Fonte: vanityfair.it