Ex Ilva, Carlo Martino presidente di Confapi Puglia: «Il Governo ha fatto bene, ora si pianifichi il futuro»
BARI - Il passato, il presente e il futuro dell’Ilva. Le imprese guardano da diversi punti di vista la situazione in cui versa lo stabilimento siderurgico di Taranto, come spiega Carlo Martino, presidente di Confapi Puglia.
Presidente Martino, come valuta il commissariamento dell’ex Ilva?
«Il decreto emesso dal Ministro Urso con la collocazione di Acciaierie d’Italia sotto la procedura di amministrazione straordinaria, con effetto immediato, rappresenta un passo necessario ed oramai inevitabile giunto in un burrascoso periodo di sfide e di importanti trasformazioni anche nel settore siderurgico nazionale. La nomina dell’Ing. Giancarlo Quaranta in qualità di commissario straordinario, che vanta una comprovata esperienza quarantennale nel campo già dai tempi dell’Italsider, sarà foriera per il rilancio dell’acciaieria più grande d’Europa a beneficio dell’Italia tutta. Una scelta apprezzata che, auspico al più presto, ci farà dimenticare gli anni bui vissuti con ArcelorMittal. In questa delicata fase di transizione formulo i miei più sentiti auguri di buon lavoro certo che le sue grandi responsabilità saranno onorate e che la sua guida competente ed esperta ci condurrà finalmente alla stabilizzazione, con una rottura netta rispetto al passato. Confapi Taranto è pronta a collaborare attivamente per trovare soluzioni condivise e sostenibili per il bene delle imprese perché è solo attraverso un lavoro sinergico che possiamo raggiungere risultati significativi per il territorio».
Come giudica l’operato del governo?
«Già durante l’incontro svoltosi a Palazzo Chigi lo scorso lunedì, ho esternato la mia soddisfazione in merito alle iniziative poste in essere anche a sostegno dell’indotto ex Ilva ringraziando i rappresentanti di Governo presenti. Dopo lunghi anni di preoccupazioni dovute al sentimento di abbandono delle imprese fornitrici, di trascuratezza e di richieste rimaste inascoltate, pare finalmente vedersi un barlume di speranza. Lo dimostrano i vari decreti emanati sin dall’inizio della legislatura, le audizioni nelle sedi parlamentari e soprattutto la finestra di dialogo apertasi che tiene conto di tutti gli interessi delle diverse parti coinvolte le quali, meglio di chiunque altro, conoscono la realtà di Taranto. Valuto molto positivamente il tavolo di confronto avviato che resterà comunque attivo sino alla conclusione dell’intera vicenda. L’attuale Governo ha dimostrato impegno e determinazione nel gestire questa questione cruciale, tuttavia, c’è sempre spazio per miglioramenti. La situazione del polo siderurgico è un banco di prova significativo e non possiamo restare impassibili di fronte ad una questione così rilevante per il nostro presente ma soprattutto per il nostro futuro».
Cosa rischiano le imprese dell’indotto?
«La siderurgia rappresenta un asset strategico, primario ed essenziale per la sovranità industriale del Paese e la perdita di questo settore metterebbe a rischio la nostra autonomia scatenando un pericolosissimo effetto domino. È, pertanto, di fondamentale importanza scongiurare l’annientamento del tessuto produttivo attraverso l’immediato ristoro dei crediti vantati dalle imprese dell’indotto, con un sostegno tangibile tale da garantirne la sopravvivenza e preservare il prezioso know-how accumulato nel corso del tempo. Un atto essenziale per scampare il tracollo in termini di produzione e occupazione ed impedire che il nostro patrimonio finisca tutto in mani straniere, ma anche un atto dovuto poiché le aziende non possono e non devono pagare il pesante prezzo di scelte non ragionate commesse da altri attori. L’indotto è stato sino ad ora costretto ad operare in condizioni di scarsa liquidità, trovandosi di fronte al dilemma: continuare a mandare avanti la produzione o cessare di esistere. Un ciclo pericoloso che le ha condotte al punto critico in cui il debito accumulato e le scarse risorse finanziarie disponibili non consentono più di coprire i costi operativi e di investire, anche in maniera sostenibile, per l’avvenire. Il sentimento comune è di avere le premesse per continuare ad erogare le prestazioni mandando avanti la produzione con l’impegno e la dedizione di sempre».
L’Ilva può avere un futuro?
«Deve avere un futuro. Per salvare la continuità produttiva dell’azienda il ruolo dello Stato è fondamentale. Non si può prescindere dalla preparazione di un piano industriale tempestivo e strutturato per il suo rilancio. È necessario, poi, procedere al ripristino delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti, priorità assolute per garantire un ambiente di lavoro che sia al contempo sicuro e sostenibile. Lo stabilimento possiede un enorme potenziale che può essere sbloccato solo tramite un’azione collettiva sinergica tra pubblico e privato. Gli investitori stranieri, se genuinamente interessati, possono contribuire in modo significativo alla sua conversione. L’unione di sforzi è indispensabile per massimizzare le risorse e le competenze disponibili. La produzione di acciaio green, attraverso l’utilizzo di forni elettrici, anche alimentati con un parco eolico nel Mediterraneo, e il preridotto, non solo comporterà benefici ambientali ma contribuirà ad incrementare le esportazioni con inevitabili ricadute positive sul PIL nazionale. Solo attraverso un impegno congiunto ed investimenti mirati sarà possibile trasformare questa sfida in opportunità per il progresso economico ed ambientale».