Il 16 aprile, 25 milioni di turchi hanno votato sì alla modifica della loro Costituzione per trasformare il paese da repubblica parlamentare in repubblica presidenziale.

La vittoria del sì, ottenuta con uno striminzito 51% di consensi ed uno strascico di polemiche relative a possibili se non probabili brogli, consentirà ad Erdogan di governare il paese senza alcun contrappeso istituzionale a quelle che saranno le sue decisioni.

Il nuovo presidente turco rimarrà in carica cinque anni e potrà governare per un massimo di due mandati consecutivi.

Sarà capo di Stato e di governo contemporaneamente, con la facoltà di nominare e licenziare i propri ministri. Oltre a prendere decisioni di politica interna ed estera, il nuovo capo di Stato turco sarà anche capo dell'esercito.

Il nuovo presidente turco, nella sostanza, sarà simile ad un sovrano assoluto che potrà emanare leggi in qualsiasi campo e che nominerà i propri organi di controllo con la facoltà di revocarli se non dovessero essere condiscendenti ai suoi ordini. Il parlamento potrà legiferare autonomamente, ma potrà essere sciolto o rinnovato in qualsiasi momento.

Inoltre, il presidente avrà il diritto di nominare 5 dei 12 membri del Consiglio superiore della magistratura (HSYK), mentre altri 6 verranno scelti dal parlamento. Anche 12 dei 15 membri della Corte costituzionale saranno nominati dal presidente, mentre i rimanenti 3 saranno scelti dal parlamento.

Infine, il presidente potrà dichiarare lo stato di emergenza, che potrà durare 6 mesi e potrà essere accompagnato anche da leggi ad hoc.

Questo quadro sarà operativo in toto a partire dal 2019 quando vi saranno le prime elezioni presidenziali.

Nel frattempo, Erdogan potrebbe già rivedere la sospensione della pena di morte. Una decisione che, insieme alla modifica della Costituzione, significherebbe una rottura totale delle trattive per l'adesione della Turchia all'Europa. È ormai evidente che questa scelta di politica estera, per Erdogan, è completamente superata.